“Quando busserò alla tua porta… avrò mani bianche e pure”. Sono le parole di un canto religioso che spesso si ascolta durante i funerali. L’uccisione (l’esecuzione) del colonnello Gheddafi sta provocando molti commenti. Alcuni di giubilo, altri di formalità politica, con dichiarazioni in italiano o in latino, altri di calcolo strettamente economico. Gli affari sono il vero ‘dio’ di oggi. Un dio della morte, non della vita. Certo è che davanti alla morte di qualsiasi persona umana è richiesto pudore e forse un po’ più di discrezione.
Le mani di Gheddafi non erano bianche. E Pax Christi lo ha sempre denunciato con forza, anche quando per molti il colonnello era un amico e grande socio in affari applaudito e riverito fino alla sudditanza. Erano sporche di crimini commessi con la complicità di tanti: basti pensare ai respingimenti dei barconi di disperati che si avvicinavano alle nostre coste, o a quanto succedeva nelle prigioni libiche, con il silenzio connivente di molti Governi, anche il nostro.
Quanta ipocrisia nelle dichiarazioni di questi giorni
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Le immagini della morte di Gheddafi hanno provocato in tanti di noi un grumo di sentimenti e un groviglio di pensieri che si sono intrecciati velocemente come in un caleidoscopio confuso. Un sentimento di pietà che non deve mai abbandonarci, per il corpo colpito ed esposto con brutale insistenza anche mediatica, e insieme di commiserazione per una umanità che fatica a trovare un equilibrio tra giustizia e orrore, che non dovrebbero mai stare insieme.
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Non c’è mai nulla di glorioso nell'esecuzione di un tiranno. La vendetta resta una pulsione orribile anche quando si gonfia di ragioni. Ci vogliono Sofocle e Shakespeare, non gli scatti sfocati di un telefonino, per sublimarla in catarsi. Gli sputi, i calci e gli oltraggi a una vittima inerme - sia essa Gesù o Gheddafi - degradano chi li compie a un rango subumano...
Leggi tutto: Gloria Mundi di Massimo Gramellini
Lo scempio del cadavere di Gheddafi è l' esordio peggiore della nuova Libia liberata dal dittatore. Non l' esito di un atto di guerra, o di un blitz militare, come l' uccisione di Osama Bin Laden, ma un oltraggio cruento . Un oltraggio accompagnato dall' urlo furente della folla che non ha assistito alla tragedia dell' esecuzione di un tiranno, ma allo sfregio di un simbolo da schernire e annientare. In queste circostanze così drammatiche della storia è difficile indicare la via più giusta. E non è mai pacifica o morbida la condotta collettiva che segue alla cattura di un dittatore odiato e temuto.
Leggi tutto: Lo scempio di un corpo non è mai giustizia di Pierluigi Battista
Una due, tre, tante volte. Troppe. Gli ultimi istanti di Gheddafi tracimano dai canali tv e inondano il web. Il volto è di un moribondo prima e di un morto poi. Il sangue è il suo sangue...
Una, due, tre, infinite volte. Quando la misura è colma? Forse quando un sussulto etico, o un residuo di pietas, suggeriscono che è ora di smettere? No. La parola fine verrà proclamata dall’implacabile curva dell’audience che comincia a scivolare all’ingiù. Diritto di cronaca? Dovere di mostrare "la verità"?...
Leggi tutto: Fermate lo scempio in tv di Umberto Folena