"La guerra fredda e il monastero"
di Enzo Bianchi
"Fin dai primi anni della mia vita a Bose, la mia naturale passione per i viaggi – una passione del resto tardiva: fino all’adolescenza ero quasi terrorizzato dal dover uscire dal mio Monferrato natale – si è orientata verso monasteri antichi e nuovi in cui scoprire le comuni radici e cogliere il senso di tradizioni e differenze. La nostra avventura di vita comunitaria a Bose era appena avviata, con le asperità e gli entusiasmi propri di ogni inizio: con il nostro lavoro faticavamo a procurarci il necessario per vivere dignitosamente nelle poche case abbandonate e prive di energia elettrica e di riscaldamento, eppure non ci facevamo mai mancare almeno un viaggio “monastico” ogni anno – Francia, Spagna, Belgio, Germania e Svizzera – per coltivare i rapporti fraterni con abazie benedettine e trappiste o con le allora giovani comunità di Taizé e Grandchamp. Ma non solo: l’Europa orientale mi affascinava, terra di cui avevo imparato a conoscere le ricchezze spirituali che cercavo di tradurre, anche letteralmente, per la nostra cultura e il nostro vissuto ecclesiale occidentale. Ma terre che vivevano la cattività comunista e in cui i cristiani conoscevano la persecuzione... (Enzo Bianchi)
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