mercoledì 2 marzo 2011

Le sorprese del linguaggio di Gesù di Carlo Maria Martini

Gesù parlava in parabole. Basta scorrere le pagine dei Vangeli per averne la prova. E dobbiamo presumere che non lo facesse raramente, a giudicare dal numero di parabole che gli evangelisti ci hanno trasmesso. Alcuni passi inducono addirittura a pensare che Gesù non parlasse alla gente in altro modo che in parabole. Si ha l’impressione che Gesù considerasse questo modo di esprimersi come il più adeguato alla capacità di comprensione degli ascoltatori e quindi il più adatto a trasmettere efficacemente il suo messaggio.
Ma perché privilegiare questo tipo di linguaggio? Per quale ragione preferirlo al linguaggio diretto e esplicito? E quali sono le sue caratteristiche specifiche? Quali gli obiettivi che consente di raggiungere? Chi sono, infine, i destinatari di questo parlare in similitudini? Interrogativi come questi aprono la strada a una riflessione di ampio respiro. Noi ci limiteremo a suggerire qualche considerazione di carattere generale, alla luce dei testi evangelici. Una cosa, in ogni caso, è opportuno precisare sin d’ora: quella che affrontiamo non è semplicemente una questione esegetica. La posta in gioco è ben più alta. Dietro la domanda: «Perché Gesù parlava in parabole», sta infatti una questione attualissima e gravissima: quella del «linguaggio religioso», del come parlare adeguatamente di Dio oggi.

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