giovedì 3 febbraio 2011

Italia divisa su una persona - Editoriale di Famiglia Cristiana n. 6

Anticipiamo l'Editoriale di Famiglia Cristiana n. 6, in edicola da 3 febbraio. Dal 1946 a oggi non si è mai vista una crisi simile. E la spaccatura ruota intorno al Premier.

Per esprimere con estrema concisione un qualsiasi giudizio sulla situazione politico-istituzionale italiana basta ricordare quello che sta avvenendo questa settimana: il Parlamento affronta l'approvazione della legge "milleproroghe" alla Finanziaria 2011 e quella del decreto sul fisco municipale, uno degli atti fondativi del federalismo fiscale, mentre la Procura di Milano sta per chiedere al gip del relativo Tribunale il giudizio immediato per i due reati, fin troppo noti, del "caso Ruby" che sarebbero stati commessi dal presidente del Consiglio e alcuni suoi presunti complici.
Questa coincidenza cade in un momento in cui si registra il massimo dissenso dentro le più importanti cariche e istituzioni del Paese (le presidenze delle due Camere, il Governo, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura), mentre di giorno in giorno aumenta l'inquietudine del capo dello Stato e sono addirittura coinvolti nella polemica sulla "questione morale" i rapporti fra Stato e Chiesa...
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Da FAMIGLIA CRISTIANA leggi anche:

... Il Paese ha o no una alternativa a Berlusconi? Lo stesso Pd che bacchetta il Premier sul nodo cruciale della moralità, è lo stesso che sui problemi della bioetica o si spacca oppure assume posizioni vicine a Pannella. Ed è forse per questo motivo che nel campo cattolico, nonostante il disagio profondo, l’incertezza sulla scelta di schieramento permane. Che in definitiva è: ci teniamo un Berlusconi, con tutte le riserve sui suoi comportamenti, che dà qualche garanzia sui temi che interessano la Chiesa? Oppure guardiamo all’opposizione che di queste garanzie, salvo qualche tema sociale, non ne dà alcuna?

Un forte appello delle religiose italiane contro lo sfruttamento dell’immagine della donna nei media e nella politica. «Poche le voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti».
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Dovrebbero essere i maschi per primi a ribellarsi alla pubblica umiliazione delle donne. C’è un diffuso disagio morale: allora perché ancora non si trasforma in indignazione generale?
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