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mercoledì 20 settembre 2017

Sapessi come è strano vedere l'arcivescovo in bicicletta a Milano di Filippo di Giacomo

Sapessi come è strano vedere l'arcivescovo 
in bicicletta a Milano 

di Filippo di Giacomo







Per il nuovo arcivescovo di Milano Mario Delpini il mandato, almeno sulla carta, è iniziato lo scorso 9 settembre. In realtà il successore del cardinale Scola sulla cattedra di Sant'Ambrogio, all'atto formale della successione episcopale, non c'era. Approfittando di un'antica norma canonica ha preso possesso del titolo e dell'incarico tramite un “procuratore”, delegando così quel miscuglio di formalità ecclesiastico-civili che ancora accompagnano l'ingresso di un vescovo nella sua diocesi. Il 24 settembre celebrerà una messa in Duomo e questa sarà la sua unica partecipazione effettiva alle cerimonie di insediamento. Delpini in effetti non ha.alcun bisogno di “entrare” in diocesi poiché la conosce come le sue tasche. Anche nel primo giorno del suo incarico, ha infatti continuato quel "pellegrinaggio personale" che lo sta portando, chiesa dopo chiesa, in tutti i santuari ambrosiani dedicati alla Madonna. Un'antica abitudine che risale a quando il cardinale Tettamanzi lo nominò vicario episcopale: don Mario, in privato, andò a visitare ogni prete, ogni canonica, ogni opera sparsa sul territorio che gli era stato affidata per l'animazione pastorale. E ancora prima che trionfasse “l'effetto Bergoglio", non possedeva croci d'oro e usava solo mezzi pubblici. Il nuovo arcivescovo della capitale morale d'ltalia, a differenza di molti suoi confratelli di recente nomina, “è stato fatto in casa". Con Martini ha avuto la cura, progressiva, di tutti i seminari della arcidiocesi; con Tettamanzi è stato prima vicario episcopale e poi vescovo ausiliare, con Scola è stato vicario generale. 
Per questo di fronte al quadretto fintamente affettuoso, ma molto sacrestano, che i media gli stanno confezionando qualcuno storce il naso quasi che sulla cattedra di Ambrogio sia arrivato una sorta di Simplicius Simplicissimus che gira in bicicletta, dorme in una stanzetta e dice cose degne di rinvigorire il genere letterario degli Schelmenromane con massime bricconcelle a metà strada tra la satira e ironia. L'arcivescovo Delpini è un uomo di lettere, un classicista, e cavalcare l'onda del "signor Mario” meneghino, che molti pensano di vedergli recitare, probabilmente lo diverte. In realtà è noto per la sua teologia chiara, ben strutturata, espressa in modo inequivocabile. Ed è portatore di un pragmatismo post-ideologico (la differenza dei vescovi dell'era woityliana) che lo fa dialogare sulle cose essenziali e non sulle fumisterie à la page. Andando contro gli applausi della prima ora, anche se risiederà nel palazzo vescovile continuerà ad essere se stesso e non uno dei tanti, spesso falsi, imitatori di papa Francesco.

(Fonte: Cronache celesti pubblicato su Il Venerdì di Repubblica del 15.09.2017)

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