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giovedì 25 maggio 2017

Una lettera a Mons. Negri: la nostalgia antimodernista e violenta di una “societas perfecta” di Andrea Grillo

Una lettera a Mons. Negri: 
la nostalgia antimodernista e violenta di una “societas perfecta” 
di Andrea Grillo

Reverendo Padre,
Mons. Luigi Negri,

Di fronte al grave attentato che ha colpito la città di Manchester e i suoi figli la sua reazione è stata inusuale: scrivere una lettera direttamente alle vittime dimostra una reale “passione” per la questione e un profondo coinvolgimento nella vicenda. Forse è un aspetto che non ha bisogno di essere chiarito, ma è certo che lei non resta mai indifferente a ciò che le accade intorno. E questo è un buon segno.
Ma mi chiedo se davvero in questo testo, che evidentemente è scaturito in lei da una sovrabbondanza di sdegno, di dolore e di passione, non ci siano i segni di una comprensione gravemente ingiusta delle persone coinvolte, delle loro relazioni e del mondo intero che subisce tutto questo. Diversi sono i punti della sua lettera che mi hanno preoccupato e sui quali penso sia bene formulare alcune questioni. Lo dico soprattutto perché non si possa pensare che lei, esprimendo a caldo il suo sdegno, abbia davvero espresso la “visione cattolica” sul bene e sul male, sul mondo e sulla storia. Inizio con il riprendere la sua lettera, sottolineandone in grassetto i passi più gravemente problematici:

Carissimi figli,
mi sento di chiamarvi così anche se non vi conosco. Ma nelle lunghe ore di insonnia che hanno seguito l’annuncio di questo terribile attentato, in cui molti di voi hanno perso la vita e molti sono rimasti feriti, vi ho sentiti legati a me in un modo speciale.
Siete venuti al mondo, molte volte neanche desiderati,  e nessuno vi ha dato delle «ragioni adeguate per vivere», come chiedeva il grande Bernanos alla generazione dei suoi adulti. Vi hanno messo nella società con due grandi princìpi: che potete fare quello che volete perché ogni vostro desiderio è un diritto; e l’importanza di avere il maggior numero di beni di consumo.
Siete cresciuti così, ritenendo ovvio che aveste tutto. E quando avevate qualche problema esistenziale – una volta si diceva così – e lo comunicavate ai vostri genitori, ai vostri adulti, c’era già pronta la seduta psicanalitica per risolvere questo problema. Si sono solo dimenticati di dirvi che c’è il Male. E il Male è una persona, non è una serie di forze o di energie. È una persona. Questa persona s’è acquattata lì durante il vostro concerto. E l’ala terribile della morte che porta con sé vi ha ghermito. 
Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto. Non preoccupatevi, non vi hanno aiutato a vivere ma vi faranno un "ottimo" funerale in cui si esprimerà al massimo questa bolsa retorica laicista con tutte le autorità presenti - purtroppo anche quelle religiose - in piedi, silenziose. Naturalmente i vostri funerali saranno fatti all’aria aperta, anche per quelli che credono, perché ormai l’unico tempio è la natura.
Robespierre riderebbe perché neanche lui è arrivato a questa fantasia. Del resto nelle chiese non si fanno più funerali perché, come dice acutamente il cardinale Sarah, nelle chiese cattoliche ormai si celebrano i funerali di Dio. Non dimenticheranno di mettervi sui marciapiedi i vostri peluche, i ricordi della vostra infanzia, della vostra prima giovinezza. E poi tutto sarà archiviato nella  retorica di chi non ha niente da dire di fronte alle tragedie perché non ha niente da dire di fronte alla vita.
Io spero che almeno qualcuno di questi guru – culturali, politici e religiosi - in questa situazione trattenga le parole e non ci investa con i soliti discorsi per dire che «non è una guerra di religione», che «la religione per sua natura è aperta al dialogo e alla comprensione». Ecco, io mi auguro che ci sia un momento silenzioso di rispetto. Innanzitutto per le vostre vite falciate dall’odio del demonio, ma anche per la verità. Perché gli adulti dovrebbero innanzitutto avere rispetto per la verità. Possono non servirla ma devono averne rispetto.
Io comunque, che sono un vecchio vescovo che crede ancora in Dio, in Cristo e nella Chiesa, celebrerò la messa per tutti voi il giorno del vostro funerale perché dall’altra parte – quale che siano state le vostre pratiche religiose – incontriate il volto carissimo della Madonna che, stringendovi nel suo abbraccio, vi consolerà di questa vita sprecata, non per colpa vostra ma per colpa dei vostri adulti.
* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
L’attacco del testo è del tutto disarmante: come può un Vescovo dire alle vittime di un attentato terroristico di essere “venute al mondo molte volte neanche desiderate?” e di non aver ricevuto dagli adulti le “ragioni per vivere”? Che ne sa, lei? La colpevolizzazione delle vittime è un fatto gravissimo. Capirei di più se avesse detto queste parole dei terroristi, ma delle vittime! Come se quei giovani si fossero meritata la morte atroce che li ha colti alla fine di un concerto. Questo mi pare il primo punto in cui la tradizione cristiana viene pesantemente smentita, contraddetta, negata: distinguere l’errore dall’errante, se vale per gli assassini, non dovrebbe valere a maggior ragione per le vittime? Come si fa a parlare di loro anzitutto per le colpe loro e dei loro padri? Risuona nell’orecchio la sprezzante reazione di fronte alle parole del “cieco nato”: o hai peccato tu, o i tuoi genitori. Ma questo è ciò che in Cristo dobbiamo superare, non confermare!

Ma andiamo avanti. Ciò in cui i padri delle vittime sarebbero peccatori Lei lo riassume in due principi: ogni desiderio è diritto e poter avere il maggior numero possibile di beni. Questo è un modo classico di parlare della “dittatura del relativismo”. Ma questi sono anche due punti che hanno profondamente cambiato la cultura civile ed economica del nostro tempo. E non solo in peggio. Ora, di fronte al fatto di Manchester, voler gettare addosso alle vittime una ricostruzione caricaturale e ideologica della loro forma di vita mi sembra un’altra cosa molto grave. Coloro che erano al concerto possono essere colpevolizzati solo per questo? Non vi è qui in atto un modo grossolano e violento con cui ci si permette di giudicare delle persone sulla base di una idealizzazione aggressiva di un “mondo diverso”, in cui diritti e i beni apparivano “concessi dall’alto”? Questo è forse l’ideale cristiano? o non è altro che l’ombra lunga di una società gerarchica, chiusa e discriminante? Non c’è il rischio che un Vescovo, scivolando sui propri pregiudizi, finisca per giudicare le povere vittime con la stessa logica dei loro carnefici? Che si crei una alleanza sotterranea tra fondamentalismo islamico e fondamentalismo cattolico?

Ancora più grave, a me pare, è affermare che “siete morti senza ragione così come avete vissuto”. Questo è proprio disumano. Già un giudizio generale sulla cultura contemporanea che inclinasse a vederla come “priva di ragione” – solo perché non più sorretta da una ontologia forte – mi sembrerebbe ingiusto. Ma del tutto ingiusto, o più precisamente disumano, mi sembra attribuire direttamente ai soggetti colpiti quel giudizio che si è elaborato a proposito di una cultura e di un’epoca. Questo è assolutamente inaccettabile. Non solo per la fede cristiana e cattolica, ma per l’umanità stessa dell’uomo.

Tralasciando le considerazioni sulla natura sacralizzata e sui “funerali di Dio” che ormai si farebbero in Chiesa – in cui anche R. Sarah viene chiamato a sostegno di quello che non si può non chiamare un piccolo delirio – mi pare che definire “vite sprecate” le vite stroncate dalla violenza del terrorismo sia un’ultima, gravissima, affermazione. Senza rispetto e senza fede. Perché proprio la fede ci permette di riconoscere in ogni vita una luce, una forza, una verità. Che un Vescovo, sotto l’effetto di un comprensibile sdegno per l’irrompere della morte nel mondo, reagisca con parole così poco cristiane, è un fatto grave. Che si lasci trascinare dalla emozione e dalla passione proponendo una lettura il cui fondamentalismo rispetta così poco i soggetti da confondersi con quello che ne ha determinato la morte, questo mi pare davvero un errore quasi imperdonabile. Se il mondo è il luogo di una “cultura di morte” – secondo la facile diagnosi che piace tanto a tutti i reazionari – non riconoscere la dignità dei defunti, non ricordare che anzitutto i morti sono “senza peccato”, non rispettare la verità della morte per denunciare continuamente e senza posa la “morte della verità”, mi sembra un caso estremo di perdita di lucidità e di controtestimonianza cristiana. Non solo il sonno della ragione, ma anche il sonno della fede, genera mostri. In tutte le tradizioni. Per questo sono rimasto addolorato e ferito dalla lettera ai “carissimi figli”, che la sua interpretazione ideologica, spacciata per fede cattolica, non ha saputo né comprendere, né rispettare, né da vivi, né da morti.

Le porgo i miei saluti 
Andrea Grillo
(fonte: Come se non)