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giovedì 9 marzo 2017

Venerdì sera a Milano una veglia di preghiera per dj Fabo nella chiesa di Sant'Ildefonso.

La chiesa parrocchiale di Sant'Ildefonso a Milano
Venerdì sera a Milano. Una veglia di preghiera per dj Fabo in chiesa

Per volontà della famiglia, la cerimonia sarà venerdì 10 marzo alle 19, nella parrocchia di Sant'Ildefonso. La stessa in cui l'uomo, morto in Svizzera per suicidio assistito, ha ricevuto i sacramenti

"Per chi volesse salutare Fabo, la cerimonia sarà venerdì 10 marzo alle 19, nella parrocchia di Sant'Ildefonso, piazzale Damiano Chiesa 7 a Milano". L'annuncio è riportato sul profilo Facebook di Valeria Imbrogno, la fidanzata di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, l'uomo che lo scorso 27 febbraio in una clinica svìzzera è morto con il suicidio assistito.

"Non è un funerale"

E' la curia, attraverso il responsabile per la comunicazione don Davide Milani, a spiegare come è nata l'iniziativa: "La parrocchia ha aderito al desiderio che la madre di Fabo ha espresso, ovvero che si tenga un incontro di preghiera e che ciò avvenga nella parrocchia in cui suo figlio fu battezzato e in seguito ha ricevuto tutti gli altri sacramenti. Chiesto il parere della curia, sarà il parroco, don Antonio Suighi, a guidare la preghiera".

Dj Fabo
Non dunque un funerale, "ma sarà il modo per tutti noi di accompagnare il dolore di questa madre e di tutti coloro che hanno voluto bene a Fabo, nonché per pregare per lui". Il parroco don Suighi ha proposto alla famiglia la celebrazione di una Messa di suffragio, ma la madre ha spiegato che questa formula è più aderente a ciò che Fabo stesso avrebbe chiesto per sé. 

La curia: no all'eutanasia

Nessuna «svolta rivoluzionaria da parte della Chiesa», come subito twittato da Arturo Scotto, deputato di Mdp (Movimento democratici progressisti), e come tenta di far apparire il radicale Marco Cappato, il più rapido a usare politicamente l’annuncio sul profilo di Valeria... «Sull’eutanasia l’atteggiamento della Chiesa non cambia», sottolinea don Milani.

Il parroco: "In chiesa preghiera e rispetto" 

«Non ho mai conosciuto Fabo, ho incontrato sua madre la prima volta venerdì, quando è venuta di persona ad esporre il suo desiderio», risponde con poche parole don Suighi, sottraendosi ai tanti giornalisti che vorrebbero rompere il suo silenzio. «Sui giornali ho letto di tutto, anche che sarei un amico di famiglia, ma non è vero, so solo che da ragazzino Fabo frequentava questo oratorio. Posso dire che venerdì celebrerò la liturgia della Parola con una lettura dall’Antico Testamento, il salmo e il Nuovo Testamento, poi terrò una breve meditazione, come sempre quando preghiamo per una persona defunta. Sarò io solo a parlare. Qualcuno ha detto che saremo nei locali adiacenti la parrocchia, ma anche questo è inventato: per Fabo pregheremo in chiesa».

Molti i messaggi postati dalla gente nel profilo di Valeria, che esprimono vicinanza e assicurano la loro preghiera.
 (fonte: Avvenire)

"Con Welby fu diverso, ogni storia è un caso a sé. Qui c'è il dolore di una madre che aspettava di essere sostenuto e condiviso", dice il Vicario dell'arcivescovo Scola. Venerdì la preghiera in una parrocchia di Milano

Monsignor Luca Bressan è Vicario episcopale della Diocesi di Milano, con delega ai temi che riguardano la vita sociale e la famiglia.

Perché la Curia ambrosiana oggi dice sì alla preghiera in chiesa per Dj Fabo e ai tempi di Welby disse invece no?
"Non è possibile fare un raffronto con il caso Welby, perché ogni storia è unica rispetto al suo contesto. In questo caso la posizione della chiesa è ovvia ed è quella di stare accanto a chi soffre, a una famiglia che prova un grande dolore".

Questa apertura ha fatto molto scalpore anche fra gli amici dell'uomo e fra i sostenitori della sua battaglia. Sta cambiando qualcosa all'interno della chiesa su questi temi sui quali si è sempre consumato uno scontro aspro?
"La chiesa ha sempre pregato per i morti e per i peccatori, la preghiera è motore della vita cristiana. E quando ci si addentra in questioni delicate come queste, intrecciate alla dottrina, c'è il principio assoluto, e poi c'è il discernimento".

Cioé?
"Si valuta caso per caso, questa vicenda è sicuramente diversa da quella di Welby, che per altro non ho seguito da vicino, quindi non mi esprimo in materia. In generale posso dire che già il cardinale Carlo Maria Martini ci aveva insegnato che la 'bellezza salverà il mondo' e che l''amore condivide il dolore'. Questo è il senso della preghiera. In una vicenda che ha segnato tanto e generato tanto dolore, la preghiera è una forma di amore che ci aiuta a seminare speranza e a generare futuro. La chiesa pensa questo in circostanze drammatiche come questa".


IL PATRIARCA DI VENEZIA: 
"NON SI PUÒ STRUMENTALIZZARE IL DOLORE"

Sul suicidio assistito di dj Fabo e Gianni Trez interviene monsignor Francesco Moraglia: "La vera sfida è rendere la vita dignitosa"

“Rendere vivibile e dignitosa la vita umana, in ogni fase, è la sfida di cui dobbiamo farci carico”; “mai strumentalizzare il dolore e la disperazione di queste persone e dei loro familiari”. Il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, interviene sul dibattito scatenato dal suicidio assistito a cui ha fatto ricorso Fabiano Antoniani, dj Fabo, alcuni giorni fa nella clinica "Dignitas", di Zurigo. Nello stesso modo e nello stesso centro è morto, solo 24 dopo, anche il sessantaquattrenne veneziano Gianni Trez, malato terminale di tumore. 

“Di fronte a chi ritiene di non aver più futuro e si dibatte in gravissime sofferenze fisiche, psicologiche e spirituali c’è innanzitutto il senso di un profondo rispetto, di una grande vicinanza e solidarietà”. Così inizia l’intervento del vescovo.

“Questi drammi e sofferenze interpellano l’uomo in quanto tale, sia esso credente sia non credente. Chi segue e accompagna questi malati e i loro familiari constata come vi possano essere risposte fra loro differenti se non, addirittura, opposte”. Da qui l’impegno a cui la società non dovrebbe sottrarsi: “Rendere vivibile e dignitosa la vita umana anche in questi frangenti e nelle fasi di maggiore sofferenza: è questa la grande sfida di fronte alla quale tutti siamo doverosamente e appassionatamente impegnati e a cui sono chiamate a rispondere una scienza medica e una società che pongano l’uomo e la sua vita al centro di tutto, senza mai darsi per vinte”.

E ancora, a ribadire l’imperativo categorico di considerare in primis la dignità umana: “Sì, ritengo sia questa la sfida di cui deve farsi carico una collettività che si vuole prender cura dell’uomo, mai considerato - come sempre più spesso dice Papa Francesco - prodotto di scarto”.

Quindi il presule conclude: “I limiti che accompagnano l’uomo e che l’uomo sperimenta costantemente lungo la sua esistenza - al di la dei diversi convincimenti culturali - portano a considerare l’esistenza di soglie, demarcazioni e delimitazioni che dicono qualcosa di significativo per l’uomo e il suo agire; ebbene, la vita è la più rilevante di queste soglie che identificano l’uomo. 

In alcun modo, poi, possiamo strumentalizzare il dolore e la disperazione di queste persone e dei loro familiari”.