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martedì 14 marzo 2017

Iniziati alla Pasqua: meditazioni sulla Quaresima di Andrea Grillo


Iniziati alla Pasqua: 
meditazioni sulla Quaresima 
di Andrea Grillo

Un volumetto agile, per meditare sulla prossima Quaresima. Pubblico qui di seguito la Introduzione al volume.



Introduzione

Recuperare la quaresima come iniziazione festiva al mistero della Pasqua è una “grande impresa”, che noi cristiani cattolico-romani, appartenenti alla seconda generazione dopo il Concilio Vaticano II, abbiamo trovato indicata da quel grande Concilio come una delle chiavi di accesso alla nostra tradizione ecclesiale e spirituale. Rimettere in moto il meccanismo simbolico di un cammino festivo di pregustazione, di preparazione, e soprattutto di iniziazione alla Pasqua esige da parte nostra il chiarimento di alcune evidenze iniziali, dalle quali vorrei prendere avvio, per meditare sul “sacramento della quaresima”.

Quaresima è parola piena di tempo. Indica, come è noto, un periodo di 40 giorni. Tempo di tentazione, tempo di prova, ma anche tempo di sfida, tempo di coraggio e di ardimento, come pure tempo di pazienza e di mitezza. Quaresima dice, anzitutto, il primato del tempo sullo spazio. Per questo ha bisogno di “procedure temporali di cammino”, non di “forme spaziali di possesso”. Qui si apre la prima sfida. E’ la sfida lanciata dal Concilio Vaticano II, e preparata dalla grande teologia del XX secolo, perché noi possiamo tornare alla “sana tradizione”. Poiché la tradizione non è garantita per il fatto di esserci. La tradizione deve essere accolta, compresa, riletta e rimotivata. Solo così resta sana e può diventare ancora efficace.

Che cosa dice, oggi, la “tradizione quaresimale”? Essa parla quasi nonostante se stessa, non di rado parla contro se stessa. Lo vediamo bene se ascoltiamo spregiudicatamente la voce del linguaggio comune, che non mente mai. Il linguaggio ordinario, infatti, usa il termine “quaresima” in senso decisamente negativo, come sinonimo di “mancanza di gioia”, di “noia”, di “depressione”, di “tristezza”. Qui, evidentemente, non è solo colpa “degli altri”. Certo, i fenomeni che toccano la lingua sono sempre molto complessi. Ma prendono origine da una “tradizione ecclesiale” che è entrata in crisi da almeno due secoli. La crisi è stata determinata dall’aver perso alcune evidenze fondamentali del “tempo di quaresima” – come del resto di tutti gli altri “tempi”. Restando priva della forza simbolica della grande tradizione, la piccola tradizione recente – un poco imborghesita e molto irrigidita – ha ridotto la quaresima alle “pratiche devote di individui pii”. Di fronte a questo sviluppo, che solo con molta difficoltà può essere aggirato, e che ha creato modelli personali di identità, stili individuali ed ecclesiali di preghiera, forme condivise di penitenza, oggi possiamo meditare con strumenti nuovi di analisi e di intervento. Essi sono proposti – e direi imposti – dal grande passaggio ecclesiale con cui la tradizione è stata messa alla prova del “ressourcement” e dell’”aggiornamento”. Sono parole “tecniche”, queste, che potremmo tradurre in questo modo: per la Chiesa, e più ancora per la testimonianza del Vangelo e del discepolato di Cristo, è decisivo un duplice movimento. Occorre da un lato tornare alle fonti, ma dall’altro ci è richiesto ditornare ad essere fonti. Come è evidente, questo doppio processo è un andare e un venire, riguarda oggetti e soggetti, mette in gioco “saperi” e investe “pratiche”. Una meditazione sulla quaresima deve aver chiaro anzitutto questo: la quaresima non è un autorevole “museo della tradizione penitenziale” – anche se ha a che fare con testi e gesti molto antichi e di grande autorevolezza – ma non è neppure una organizzazione di “cose da fare” – anche se deve lasciarsi guidare da pratiche vive, sincere ed efficaci.

La quaresima è stata così investita da un interesse nuovo: non solo per scoprire che cosa essa fosse stata un tempo, ma anche per dischiudere la possibilità che essa possa essere di nuovo significativa, proprio per le generazioni di oggi e di domani Perché possa rispondere, cioè, ad un bisogno profondo dell’uomo e della donna credente, di “lasciarsi iniziare alla Pasqua”, ogni anno, in un percorso di 6 settimana, dalle Ceneri fino alla Settimana Santa.

D’altra parte, la Quaresima, orientata come è alla iniziazione al mistero pasquale, prende tutto il suo significato da un grande approfondimento che intorno al mistero pasquale è avvenuto nell’ultimo secolo. Ci siamo lasciati riaccompagnare nel cuore della nostra fede, nel mistero della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù, evento al quale riconosciamo, in modo sempre più limpido, di “partecipare nella celebrazione”. Questo punto è assolutamente centrale. Meditare i misteri di Cristo esige di prendere parte alla azione della loro celebrazione. Questa coscienza della necessaria “partecipazione attiva al mistero pasquale” – maturata lungo il corso del XX secolo e divenuta parola ufficiale con la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium – ha restituito non solo alla azione liturgica pasquale tutta la sua forza originaria, ma ha riabilitato anche la quaresima come pratica di iniziazione ad essa.

La Quaresima torna così ad essere “tempo festivo” che conduce alla Pasqua; si riconosce di nuovo come “sacramento” che introduce al mistero storico, escatologico ed ecclesiale del “transitus” – “pasqua” e “passaggio” – di Cristo e della Chiesa. La sua destinazione – ossia una Pasqua che è croce e sepolcro vuoto – esige una rilettura profonda del “pregare”, del “fare penitenza” e del “digiunare”. Potremmo dire che la “figura devota” della quaresima – legata fortemente ad una percezione esclusivamente individuale delle “penitenze”, della “preghiera” e del “digiuno” – ha iniziato a trasformarsi in una “celebrazione del sacramento della quaresima” in cui le medesime “forme di devozione” si lasciano illuminare dall’ascolto della parola e dalla celebrazione per ritus et preces. Le sequenze della liturgia della Parola e della celebrazione eucaristica, nella scansione domenicale, approdano al Triduo e poi ai 50 giorni del tempo pasquale, fino alla Pentecoste. Cammino dei neofiti e rinnovamento della coscienza ecclesiale progrediscono parallelamente nella forma corporea del mistero di Dio, che entra nella storia degli uomini e la trasforma. La Quaresima è di nuovo possibile come itinerario sacramentale di iniziazione al mistero: per la accoglienza nel discepolato e per un discepolato accogliente.

Proveremo allora a guadagnare questa nuova condizione con una serie di meditazioni, tra loro autonome, ma collegate a filo doppio nel medesimo progetto. Restituire una dignità simbolica e rituale al “processo quaresimale”, al “tempo di quaresima”. La nostra scansione meditativa attraverserà molte e diverse “regioni” della sensibilità ecclesiale intorno alla quaresima. Parleremo della sana tradizione e della duplice sfida che sa lanciare alla prassi ecclesiale; del compito di iniziare alla Pasqua nel tempo; dei soggetti coinvolti nei 40 giorni di cammino, che sono Cristo e la Chiesa; delle nuove ricchezze della liturgia della parola e delle riscoperte nelle pratiche rituali. Fino ad arrivare al “nucleo” che collega le “parole antiche” alle “nuove evidenze”. Come ho già detto, qui si accentrerà il cuore delle nostre meditazioni: le “pratiche penitenziali” che la tradizione ci ha consegnato meritano un accurato discernimento, ma ancor più esigono un radicale ripensamento. Recuperare la preghiera come “un altro parlare”, la penitenza come “un cambiare vita”, il digiuno e l’elemosina come “relazione sciolta con i beni, con la libertà, con la sessualità” costituiscono una sfida non piccola per arrivare – o tornare – al mistero pasquale con il tesoro di “esperienza espressa” che la Quaresima ci fa scoprire. Perché la “Pasqua annuale” sia “simbolo” che non solo dà a pensare, ma anche a “parlare”, a “comunicare”, ad “ascoltare”, a “mangiare”. Per questo motivo le meditazioni sulla Quaresima sporgeranno, in conclusione, sulla “celebrazione della Pasqua” a cui sono strutturalmente destinate. Se i 40 giorni della quaresima sono “tempo immenso” di “iniziazione corporea” ai 3 giorni del Triduo Pasquale; e se a sua volta il Triduo è la grande porta che introduce alle “sette settimane” del Tempo Pasquale, allora è evidente che una luce non piccola sulla Quaresima scenda, seppur di riflesso, dalla elucidazione che sapremo fornire, meditando brevemente e conclusivamente sul mistero della celebrazione della Pasqua annuale in rapporto alla Pasqua settimanale.
(fonte: Come se non)