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martedì 21 marzo 2017

I viaggi missionari di Paolo. Apertura al mondo e alle culture: At 16,1-19,20 (Gregorio Battaglia)

I viaggi missionari di Paolo. 
Apertura al mondo e alle culture: At 16,1-19,20 
a cura di P. Gregorio Battaglia 
(VIDEO INTEGRALE)


Quinto incontro dei 
MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2017
promossi dalla


Fraternità Carmelitana 
di Barcellona Pozzo di Gotto 


22.02.2017



V. SOLO IL VANGELO BASTA
... 
3. Paolo ad Atene: quale rapporto tra Vangelo e cultura?
17,16: «Paolo, mentre li attendeva ad Atene, fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli». Paolo è stato accompagnato in fretta e furia ad Atene, mentre Sila e Timoteo sono rimasti a Berea. In questa attesa, ma anche in questa solitudine egli ha modo di guardarsi attorno e di cogliere di questa grande città, roccaforte della cultura, questo aspetto idolatrico, che la contraddistingue. Nell’animo di Paolo si agitano certamente una pluralità di sentimenti: c’è curiosità, ma c’è anche un fuoco di sdegno per come gli appare questa città.
Come era solito fare in altre circostanze, egli prende contatto con i Giudei presenti in città e con la loro sinagoga, dove non manca di annunciare che la promessa del Messia si è realizzata in Gesù di Nazareth, messo a morte e che Dio ha risuscitato. Allo stesso tempo è tutto proteso a dialogare nella piazza (agorà) con qualsiasi persona che incontra e, dice il testo, che «certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui». L’impressione che Paolo suscita in queste persone non è molto lusinghiera, tanto che lo definiscono un “ciarlatano”, “un seminatore di chiacchere”, ma tutto questo non impedisce loro di invitarlo all’Aeropago per chiarire meglio le novità che egli porta.
In questa permanenza ad Atene Paolo non si è limitato a dialogare all’interno della sinagoga, ma ha accettato di misurarsi con la piazza, che di per sé non ha un’identità propria, perché è aperta a tutte le presenze. E adesso si ritrova nel cuore stesso della cultura a dialogare con le scuole filosofiche più in vista. Il grande interrogativo che si pone per Paolo è proprio quello di verificare se un dialogo sia realmente possibile, ma Luca ci mette già sull’avviso, dicendoci che tutto questo non è possibile, perché «tutti gli Ateniesi e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità» (At 17,21).
Il dialogo, in questo caso, sembra davvero impossibile, perché vengono meno i presupposti, che lo rendono efficace. In questa piazza la “parola” perde la sua forza di comunicazione di vita, di senso, per divenire un semplice gioco di suoni o, nel peggiore dei casi, un uso strumentale di essa per catturare l’altro e asservirlo ai propri fini. Là dove la cultura non ricerca e non risponde a problemi reali e profondi, il Vangelo rimane sigillato.
Intanto Paolo accetta di misurarsi con questi sapienti e con le scuole, che essi rappresentano. Nel suo discorso, rivolto all’Aeropago, Paolo prende come spunto di avvio per l’annuncio della sua proposta di vita l’aver notato in città un altare dedicato al “Dio ignoto”. Di questo Dio egli intende parlare, di quel Dio che ha fatto i cieli e la terra e che non è riducibile alle misure umane. E così dopo aver denunciato la via sbagliata dell’idolatria, che è un tutt’uno con la via dell’ignoranza, Paolo vuole suggerire la via giusta della ricerca di Dio, quella storica e antropologica fino ad arrivare all’annuncio esplicito dell’uomo accreditato da Dio e che con la sua resurrezione risponde alle attese degli uomini.
L’annuncio cristiano nel discorso dell’Aeropago è concentrato nella resurrezione dell’uomo Gesù, che non viene nominato e che Dio ha costituito giudice del mondo e della storia. E’ l’annuncio della gratuita iniziativa di Dio, che con la sovrabbondanza del suo amore dà senso a tutte le ricerche umane, ma che a sua volta non è riducibile né alla cultura, né alla religiosità.
Paolo ha cercato di fare del suo meglio per presentare un discorso ben articolato, che potesse far breccia nel cuore di questi cultori della parola. Il risultato è quanto mai deludente. Paolo deve constatare che l’Evangelo alla fine non ti fornisce nessun appiglio particolarmente convincente, anzi all’opposto, ti riduce in stato di vera povertà. Ed è proprio questo sentimento di inadeguatezza e di povertà, che conduce Paolo a prendere consapevolezza che l’autenticità del Vangelo non consente a nessuno di poter strumentalizzare il linguaggio, le opinioni, i mezzi di comunicazione, perché non conduce da nessuna parte.
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