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venerdì 24 febbraio 2017

Un non credente in aiuto della fede di Enzo Bianchi

JESUS, febbraio 2017
La bisaccia del mendicante
Rubrica di ENZO BIANCHI

Un non credente in aiuto della fede


A volte, leggendo i giornali, si è fortemente coinvolti e intrigati da un articolo che purtroppo passa quasi inosservato ai più ma che si percepisce come gustoso, contenente il sale della sapienza. Così è stato per me un breve articolo di Carlo Rovelli – fisico italiano, autore di Sette brevi lezioni di fisica – sul Corriere della sera del 26 novembre, che termina il suo scritto esponendo una semplice ragione del suo non credere in Dio: “vorrei essere simile alle persone che mi piacciono”. Spiega perciò chi sono quelli che non gli piacciono e li descrive in modo puntuale e simpatico. Leggendolo da credente, mi ritrovavo continuamente ad approvare lo scritto di Rovelli, a cominciare dall’affermazione che non gli piacciono quelli che si comportano bene per paura di finire all’inferno né quelli che lo fanno per piacere a Dio.

Cosa può dire un cristiano, monaco credente nel Dio di Gesù Cristo, di fronte a una simile posizione? Mi verrebbe da dire che neanche a me piacciono persone simili, che mettono a fondamento del loro sentire e comportarsi la paura dell’inferno o di un Dio giudice che sembra avere la funzione di sanzionare chi sbaglia e premiare chi invece agisce bene. Sono consapevole che per secoli forse per alcuni è stato così e che molti funzionari della religione erano convinti di aiutare a fare il bene immettendo paura e predicando castighi, ma so anche che chi ha frequentato e frequenta il Vangelo di Gesù non può fondare in tal modo la propria fede. La fede infatti nasce non dalla paura, né dall’angoscia ma dall’ascolto di una presenza che è semplicemente Amore. Mi viene in mente a questo proposito un apoftegma ripreso da molti padri del deserto che desideravano poter bruciare il paradiso e spegnere l’inferno affinché Dio fosse semplicemente amato e non temuto, fosse conosciuto nella sua verità e non con un volto perverso, quello fabbricato dagli uomini religiosi per mestiere.

Carlo Rovelli continua dicendo che non gli piace rispettare i suoi simili “perché sono figli di Dio”, ma che gli piace rispettarli perché sono esseri che sentono e che soffrono. E anche qui condivido. D’altronde mi ricordo che fin da piccolo contestavo la predicazione corrente che chiedeva di fare il bene all’altro perché in esso si vedeva il Cristo: come se non si potesse fare il bene senza credere in Gesù Cristo. Strumentalizzare l’altro per amare il Signore mi sembrava una proposta indecente. L’altro è una persona simile a me, è mio fratello, mia sorella in umanità e siccome devo amare l’altro come me stesso, avendo io la sua stessa dignità, lo amo, lo devo amare e basta. Per chi ha fede, questo è secondo la volontà di Dio: Dio quindi non dà un fondamento al mio amore, ma lo conferma. Del resto, secondo la tradizione cristiana, ogni essere umano, per cattivo e delinquente che sia, porta sempre in sé l’immagine di Dio, anche quando ne smarrisce la somiglianza. In questo senso, l’uomo è stato reso capace di etica, di riconoscere e compiere il bene, credente o non credente, cristiano o non cristiano che sia.

Inoltre Rovelli, nell’elencare cosa gli piace e cosa no, non teme di affermare che non gli piace pregare Dio, ringraziarlo né fargli domande. E qui, mi pare, confessa il suo “non poter credere”. Ma chi crede, in verità condivide tutto il suo amore – che vive più o meno intensamente – il suo stupore, la sua gioia di fronte al cielo, al vento della vita, agli uccelli dell’aria, alle relazioni di amore e di amicizia. Un cristiano non ha tutte le risposte, ma ha molte più domande da fare innanzitutto a se stesso e poi agli altri. Se le fa a Dio, è perché “sente”, percepisce una presenza: quella dell’amore e della libertà, che non negano il caso e la necessità, ma danno “gusto” alla vita. Dio non è un tappabuchi, né un ansiolitico per chi è angosciato, né un antidoto per le paure umane: ignoriamo tante cose e sovente il mistero resta tale anche quando lo guardiamo in faccia.

In ogni caso, vorrei ringraziare Rovelli che con questo scritto aiuta a essere cristiani che credono, nella libertà e per amore.