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venerdì 25 novembre 2016

"L'aborto e la Chiesa povera per i poveri" di Giorgio Bernardelli



L'aborto e la Chiesa povera per i poveri
di  Giorgio Bernardelli

Era inevitabile che nell'analisi della lettera apostolica Misericordia et Misera - peraltro ricchissima di spunti - l'attenzione si concentrasse soprattutto sulla decisione del Papa di concedere stabilmente a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere quanti hanno procurato un aborto. Del resto si tratta di un tema paradigmatico: va a toccare quella che giustamente oggi è avvertita come la frattura più lacerante nel rapporto tra la Chiesa cattolica e le società post-cristiane.

Molti in queste ore hanno spiegato bene come il giudizio sull'aborto non cambi («vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente») e in che cosa consista invece il passo indicato dal Papa (rimando per esempio a questi sei punti proposti da Avvenire). Vorrei però aggiungere tre idee che forse ci aiutano a guardare a questa novità in un'ottica un po' più ampia.

A me pare che lo sguardo da cui partire sia la frase pronunciata da papa Francesco all'inizio del pontificato: vorrei una Chiesa povera per i poveri. Noi rischiamo di fermarci solo a una lettura sociale di questo auspicio: pensiamo alla rinuncia delle ricchezze, ai gesti di solidarietà nei confronti di chi non possiede nulla o patisce letteralmente la fame. Ma lo abbiamo detto tante volte: nelle società di oggi ci sono anche altri volti della povertà, povertà di relazioni, povertà di affetti, povertà di sguardi verso l'altro... Essere davvero una Chiesa povera per i poveri vuol dire farsi carico anche di queste povertà di cui l'aborto è uno dei volti. E allora una Chiesa oggi si fa povera anche accettando di spogliarsi della sicurezza di una norma canonica, pur di non correre il rischio di privare qualcuno che ne ha bisogno di un incontro vero con la misericordia di Dio. Ma è una Chiesa povera per i poveri; perché il perdono non è un atto meccanico, assume un senso solo dentro a una relazione, alla volontà di percorrere un cammino insieme.

E vengo al secondo punto, che mi sembra stranamente l'aspetto meno sottolineato in queste ore. Il passo sull'aborto di Misericordia et Misera è una scommessa enorme che il Papa fa sui preti di oggi; come sappiamo, infatti, la possibilità del perdono esisteva già. La novità sta nell'avere spostato la verifica e l'accoglienza del pentimento di chi ha voluto o provocato un aborto dal giudizio del vescovo (o di chi da lui delegato) al ministero ordinario di ogni sacerdote. A me pare che stia qui il cuore del discorso: nonostante tutte le loro fragilità, le fatiche, gli scandali, Francesco ha fiducia nei suoi preti. È convinto che la riforma vera della Chiesa - molto più che dal C9 e dalle alchimie sulla riforma della Curia romana - passi dai «pastori con l'odore delle pecore». Crede che la misericordia incontrata nel confessionale conti più delle encicliche e dei grandi eventi ecclesiali.

Indicare ai preti oggi questo orizzonte non è caricare sulle loro spalle un peso in più. È puntare sul cuore del loro ministero: essere volto concreto, presente, facilmente raggiungibile, della misericordia di Dio. Volto povero, piccolo quanto quello di tutti gli altri; eppure reso forte da quel ministero da sempre scandaloso agli occhi degli uomini che è rimettere i peccati (compresi quelli più gravi). Misericordia et Misera ci restituisce un sacerdote come uomo delle relazioni personali; a un certo punto della lettera papa Francesco chiede ai preti di essere «lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso», quando si trovano in confessionale.

Ti devi giocare dentro a una relazione personale - non a un canone o a una pagina di un documento - se vuoi annunciare la verità del magistero della Chiesa sulla vita. Nell'era della post-verità (tema su cui si discute molto in questi giorni) Francesco dice: anche l'insegnamento fondamentale sul rispetto della vita nascente va riscoperto nella concretezza dell'esperienza del singolo. E questo non per annacquarlo, ma per il motivo opposto: far sì che il no all'aborto sia solo l'inizio, il primo passo verso altri sì. E diventi strada verso il sì alla vita piena, quella predicata da Gesù nel suo Vangelo.

Un'ultima osservazione: scommette sui preti papa Francesco. Ma lo fa nella maniera più lontana dal clericalismo. Perché comunicare la verità attraverso relazioni umane vere non chiede parroci psicologi o battitori liberi, ma preti e laici che crescono insieme con questo sguardo. Del resto il perdono, sempre e per tutti, chiede poi una comunità che accoglie di nuovo; e in questo caso diventa anche il luogo in cui vivere nella concretezza di ogni giorno quella conversione che il sì rinnovato alla vita richiede.

Se la Chiesa rende più facile l'accesso alla misericordia di Dio a chi ha commesso un aborto non è «un affare loro». È un gesto che chiama in causa tutti. Provare a ragionare su come essere comunità che, su un tema così delicato, oggi provano a testimoniare meglio verità e misericordia, senza rinunciare né a un aspetto né all'altro, potrebbe essere un modo concreto per prendere sul serio la novità che Misericordia et Misera ci ha consegnato.
(fonte: VinoNuovo)

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