Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 23 luglio 2016

"Il memoriale dell'odio" di Marina Corradi


Il memoriale dell'odio
di Marina Corradi

Sei vittime italiane, è il responso, dopo molti giorni, dalla morgue di Nizza, e quattro di queste anziane: uomini e donne che non hanno avuto l’agilità per correre, mentre il Tir piombava loro addosso. Così come non l’hanno avuta i bambini, e molti genitori con un passeggino. Bambini e vecchi, dunque, le vittime d’elezione del massacro. 

Forse per questo la strage di Nizza lascerà un segno addirittura più profondo di quella del Bataclan: per la gioiosità inerme delle famiglie, colte e falciate in una notte di fuochi d’artificio. Come conferma la folla immensa che ha partecipato alla commemorazione delle vittime, sulla Promenade des Anglais. 
Ma proprio in margine a quella commemorazione sono comparse in tv e sul web delle immagini inconsuete: sul lungomare, un piccolo cumulo di rifiuti che di ora in ora si andava ingrossando. Lattine, sassi, cartacce deposti là dove una linea di vernice disegna il punto esatto in cui Mohamed Lahouaiej Bouhlel è morto sul suo camion. Abbiamo visto i passanti sfiorare questo piccolo memoriale dell’odio, e alcuni andarsene perplessi, altri, non pochi, gettare altri rifiuti, o sputare per terra; o lasciare vergato in rosso su un cartone: 'Crepa all’inferno'. 

La vista di questo contromemoriale, accanto a quelli dei fiori e delle candele, ci ha fatto sussultare: prima di tutto perché non ricordiamo di avere visto cose analoghe, almeno in tempi recenti, in Europa, sui luoghi di attentati. Quegli insulti e sputi a un morto, sia pure il peggiore degli assassini, a un italiano suscitano memorie scolastiche di quel che accadde a piazzale Loreto a Milano nell’aprile del ’45, quando i corpi di Mussolini e della sua giovane amante vennero esposti a testa in giù al ludibrio e agli insulti della gente. Ma allora c’erano anni di guerra e di morte alle spalle, e poi la fuga del Duce, ed era un altro contesto e un’altra storia. 

Oggi, invece, non abbiamo l’animo esasperato da una guerra, anche se ci sentiamo sempre più vulnerabili e minacciati, e soprattutto così si sente la Francia; eppure quella piccola piramide di spazzatura, e il gesto di sputare là dove è morto un uomo, non devono essere sembrati sconvolgenti a Nizza, tanto che almeno per ore e ore nessun agente è intervenuto a rimuovere il mucchio di rifiuti. Quasi che, a fronte della atrocità perpetrata da quell’uomo, sputare sul luogo della sua morte fosse giusto, e perfino lodevole. E noi che stavamo a guardare siamo rimasti sbalorditi: non ci eravamo accorti che già un tale odio albergasse fra noi. Abbiamo pensato allora che l’idea del 'memoriale dell’odio' fosse del gruppone di elettori del Front National, che al momento della commemorazione ha fischiato vigorosamente il premier Valls. Ma i filmati sul web mostrano gente di ogni tipo che getta cartacce in quel punto della Promenade: ragazzi, donne, coppie a braccetto, tranquilli turisti. 

Perché ci turba questo gesto, così piccolo a fronte della enormità perpetrata a Nizza? Mohamed Lahouaiej Bouhlel, assassino, forse in cerca di una presunta gloria da martire, non ha compiuto quanto di peggio possa fare un uomo? Certamente sì. Eppure, eppure ci sono codici non scritti, fra noi, che abitualmente si rispettano. La pietà, o almeno la non aggressività verso i morti, è fra questi codici del nostro Occidente in pace; nella memoria, magari vaga, di una tradizione cristiana che affida chi muore al giudizio e alla pietà di Dio – cose in cui è meglio che noi uomini non mettiamo voce. Qualcosa dunque normalmente ci frena nel lanciare insulti su una tomba; in qualcuno ancora, forse in pochi, perfino un senso di umiltà di fronte alla immensità del mistero del Male, che, come a Nizza, a volte si impadronisce degli uomini, e li muove come spietati burattini. Ma tutto ciò non c’è stato l’altro giorno sulla Promenade des Anglais, qualcosa dei nostri codici non ha funzionato. 

E questo ingenera smarrimento, all’idea di cosa potremmo diventare; ma anche paura, perché quel piccolo focolaio di odio ne alimenta altro, e c’è qualcosa di peggio perfino degli attentati o del terrorismo: l’odio nel cuore di un popolo, che insinua germi di guerra civile. Verrebbe da dire, guardando quelle immagini di sputi, quel fiore di odio, che in quest’ora c’è più bisogno che mai di cristiani. Che non sputino, non insultino i morti, e nemmeno gli assassini; che non promettano vendetta, che non si lascino travolgere e stravolgere, nel sospetto e nella paura, dall’accecamento che vede nemici in chiunque è diverso. C’è bisogno, per continuare a vivere in questi giorni di buio, di cristiani che non smettano di riconoscere in ciascuno un uomo, e un fratello.