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sabato 28 maggio 2016

Papa Francesco incontra 500 giovanissimi del “Treno dei bambini” - “Portati dalle onde”: I migranti "non sono un pericolo, ma sono in pericolo".



Un incontro con il dramma dell’immigrazione visto dal punto di vista dei bambini.
È stato soprattutto questo il momento vissuto da Papa Francesco con 500 giovanissimi di varie etnie e religioni giunti in Vaticano dalla Calabria con il “Treno dei bambini”, l’annuale iniziativa organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura, quest’anno con il titolo “Portati dalle onde”.

Il Frecciargento, messo a disposizione da Ferrovie dello Stato Italiane, è partito alle sei di questa mattina da Vibo Valentia - Pizzo. Una breve sosta a Roma Termini dove i bambini sono stati salutati dalla presidente del Gruppo FS Italiane, Gioia Ghezzi, che ha proseguito insieme a loro per la stazione di Città del Vaticano. Proprio qui i bambini sono stati accolti dal Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato della Città del Vaticano e dal Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il treno è ripartito per la Calabria nel primo pomeriggio. 
Durante la breve passeggiata dalla stazione ferroviaria del Vaticano alla sala Nervi, i bambini hanno fatto volare in aria centinaia di palloncini bianchi, in ricordo di tutti quei piccoli che, purtroppo, non sono mai arrivati. 
Nella Sala Nervi, a mezzogiorno in punto, i bambini hanno incontrato Papa Francesco.

 

“Buongiorno, Papa”, volevo chiederti “di pregare per la mia famiglia che è andata in cielo”, e “per i miei amici”, anche loro “sono andati in cielo”, “sono morti nell’acqua”. 
È Sayende, un ragazzino della Nigeria – carne di Cristo che ha già conosciuto la morte senza aver conosciuto la vita – a dare in due parole il senso della festa, perché questa vuole essere, portata in Vaticano dal “Treno dei bambini”; lui che ha lasciato il suo paese con i genitori per fuggire dalla guerra, ma nel viaggio ha perso papà e mamma in una delle tante e drammatiche tragedie del mare. Lui ce l'ha fatta e si è fermato a Lamezia dove, in una comunità per minori stranieri, ha trovato un'altra famiglia che lo ha accolto come un figlio.

È un treno in cui il dolore del vissuto dei suoi piccoli passeggeri è una trama sulla quale si intreccia l’ordito della cura e dell’affetto donati ai ragazzini dall’Associazione Giovanni XXIII, dall’Orchestra infantile “Quattrocanti” di Palermo in cui cantano ragazzi di otto etnie, dall’intraprendenza di Maria Salvia, preside di una scuola di Vibo Marina, che porta a Francesco i soldi di una colletta per i bimbi di Lesbo e una lettera, firmata dai suoi alunni, rivolta al mondo, sono i bambini italiani che hanno accolto in Calabria i piccoli fratelli migranti; la lettera viene letta al Papa dal cardinale Ravasi: 
"Abbiamo riflettuto su tutti quegli adulti e bambini che lasciano la loro terra a causa della guerra e delle persecuzioni. Molti non riescono nemmeno a raggiungere la meta a causa di quelle onde che dovrebbero garantirgli la salvezza e che, invece, li tradiscono e li portano alla morte. Pensiamo a loro e non riusciamo a capire come nel mondo possano esserci tante ingiustizie. Promettiamo di accogliere chiunque arriverà nel nostro paese, senza considerare chi ha un colore di pelle diverso, chi parla una lingua differente o professa un'altra religione, un nemico pericoloso".

È il mondo che i bambini sognano, e non solo loro. 

Francesco come un nonno paziente, ascolta, sorride, si commuove davanti alle loro storie. Scherza, botta e risposta, quando il microfono passa a lui, maestro di una classe che vuole sentire le parole del Papa della tenerezza. 


Si fa portare il disegno di un bambino – col sole, il mare, le onde che si muovono. Onde, dice il piccolo, che possono “far morire la gente”. Una storia di carta, cui Francesco fa seguire una di terribile attualità. Mercoledì scorso all’udienza generale tre soccorritori volontari lo salutano e gli donano piangendo un oggetto: "Mi ha portato questo giubbetto e piangendo un po' mi ha detto: 'Padre, non ce l'ho fatta. C'era una bambina, sulle onde, ma non ce l'ho fatta a salvarla. Soltanto è rimasto il giubbetto'. Questo giubbetto è di quella bambina".


"Non voglio rattristarvi, - ha detto il Papa - ma voi siete coraggiosi e conoscete la verità. Sono in pericolo: tanti ragazzi, bambini, bambine, uomini, donne, sono in pericolo... Pensiamo a questa bambina … Come si chiamava? Ma, non so: una bambina senza nome. Ognuno di voi le dia il nome che vuole, nel suo cuore. Lei è in cielo, lei ci guarda". 

I bambini ascoltano e dicono la loro sul dramma dei migranti: "È un'ingiustizia", dicono i bambini, parlando di chi non lascia passare gli immigrati. E quando un bimbo li definisce "bestie", Francesco gli dice scherzando: "Ma tu hai studiato con Heidegger!".

Poi il Papa spiega: "lui non ha voluto insultare, lui non ha fatto un insulto. Ha detto che una persona che chiude il cuore non ha cuore umano, perché non lascia passare, ha un cuore animale, diciamo, come una bestia, che non capisce". 

Invece i bambini capiscono e il Papa le amplifica per loro, parole come “pace, fratellanza, compassione, bene, uguaglianza”, “accoglienza”. 
Tra i bambini, ve ne sono 50 dell’Associazione romana “Sport senza frontiera”. Una bambina chiede a Francesco cosa sia per lui “essere Papa”. Significa, è la risposta, fare il “bene che io posso fare”:
“Ma io sento che Gesù mi ha chiamato per questo. Gesù ha voluto che io fossi cristiano, e un cristiano deve fare questo. E anche Gesù ha voluto che io fossi sacerdote, vescovo e un sacerdote e un vescovo devono fare questo. Io sento che Gesù mi dice di fare questo: questo è quello che sento”.

Il Papa chiude l'incontro invitando all'accoglienza: "pace, fratellanza, compassione, bene, uguaglianza".

I migranti "non sono un pericolo, ma sono in pericolo". 
Con questo gioco di parole Papa Francesco ha fotografato la situazione di profughi e migranti in fuga da guerre, persecuzioni.


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