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sabato 2 maggio 2015

Storie di accoglienza... superando i pregiudizi

Ha risposto all’emergenza sbarchi accogliendo i profughi in casa sua. Lui si chiama Romano Busdraghi, ha 83 anni ed abita a Venturina, in provincia di Livorno. Tramite la cooperativa Odissea di Lucca, ha aperto le porte di un suo immobile vuoto (ma arredato) e l’ha messo a disposizione di sette migranti appena arrivati in Toscana, rispondendo così all’appello del governatore Rossi che chiedeva di mettere a disposizione le case sfitte a chi ne ha più bisogno.“Non ho fatto altro che aprire la porta a chi ne aveva più bisogno”, ha detto Busfraghi al Tirreno di Piombino, che ha raccontato la sua storia. “Siamo in un momento in cui chi può deve dare il suo contributo, è un obbligo morale. E io, nei limiti delle mie possibilità, non ho fatto altro che dare un appartamento vuoto a ragazzi coraggiosi che, a costo di rischiare la vita, sono venuti in Italia in cerca di una speranza perché scappano da guerre e miseria”. (Fonte: GIANNELLA CHANNEL)

Quando ha sentito l'appello del presidente Enrico Rossi per l'accoglienza dei profughi dall'Africa, a Romano Busdraghi è risuonato in testa il fragore delle bombe di quando era bambino, durante la seconda guerra mondiale. Si è ricordato di quando, nel podere di famiglia vicino al ponte di Cornia che fu minato dai tedeschi, sua madre e suo padre ospitarono cinque famiglie sfollate da Piombino. Gli è tornata in mente quella bambina con cui divideva il pane: «Ormai sarà vecchietta anche lei».


Questi ricordi lo hanno aiutato: pochi giorni fa, infatti, ha fatto la scelta importante di ospitare nella sua casa di via Puccini, a Venturina, 7 ragazzi africani sbarcati a Reggio Calabria su un barcone insieme a tanti altri. Hanno tra i 17 e i 21 anni e vengono dall'Eritrea e dalla Somalia. «Per me e mia moglie sono diventati come degli amici: abbiamo regalato loro dieci quaderni, le matite e i libri per imparare l'italiano». Romano Busdraghi ha 82 anni, compiuti da poco, è un signore arzillo che con la moglie Luana possiede un'edicola a Venturina, «la bottega» la chiama lui. «Passano a salutare e a ringraziarci, noi cerchiamo di fare quello che possiamo. Ogni tanto gli diamo anche un po' di schiacciata a metà mattina».

Io ospito i migranti come fecero i miei genitoriRomano Busdraghi, 82 anni di Venturina, ha deciso di ospitare 7 rifugiati in un suo appartamento. Una scelta arrivata con l'adesione a un progetto di una cooperativa rivolto ai profughi. "Ho fatto quello che fecero i miei genitori durante la Seconda guerra mondiale. Ricordo ancora quel pane condiviso con una ragazzina da noi ospitata" (video di Cesare Bonifazi Martinozzi)
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Tira dritto Carlo Montini. "Ognuno la vede a modo suo, ma il mondo è cambiato e io uso il buon senso: lavoro e intanto aiuto chi ha bisogno ". Settant'anni, albergatore da venti. Nato e cresciuto nella Sesto San Giovanni operaia dove ricorda che da bambino "arrivavano 100 mila immigrati e ad accoglierli c'erano le grandi industrie, la Falck, la Breda. Oggi che quelle fabbriche non ci sono più, chi li accoglie i disperati che scappano dalla miseria?". A Bormio c'è l'hotel Stella che di stelle ne ha tre, 22 camere e 7 profughi a pensione completa a 35 euro al giorno. L'albergo di Montini ("pago l'affitto da cinque anni ") affaccia sulla rinomata via Roma i cui negozianti sono infuriati con lui perché ha accettato gli ospiti (Bangladesh, Gambia, Eritrea) inviati dalla Prefettura di Sondrio. "Mi è arrivato il fax e ho detto va bene". Tra dieci giorni i profughi all'hotel Stella saranno 45, e apriti cielo.
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Telefonate mute, lettere anonime: rovini la valle, «bada a te e ai tuoi figli». Lui: «Li aiuto e loro aiutano me. È vigliacco chi si comporta così».
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«Sinceramente - ammette Montini -, provo molta amarezza per quanto mi sta accadendo: non credevo che ci fossero tanti pregiudizi e tanta ignoranza». 
«Ora - aggiunge - voglio però che le minacce si finiscano e che il responsabile venga individuato, non per spirito di vendetta ma perché chi mi ha scritto è un vigliacco: avrei preferito fosse venuto di persona a dirmi in faccia la sua opinione». «I codardi non mi piacciono - conclude Montini - e continuerò a sporgere denuncia e a fornire elementi utili alle forze dell’ordine perché credo che questi comportamenti vadano contrastati senza paura». 
Intanto, va detto, si susseguono i gesti di solidarietà. Da Semogo, frazione di Valdidentro, è arrivato un carico di vestiti donati dalla comunità ai profughi. E così torna la voglia di sorridere e di credere in un mondo migliore, quello che spesso passa sotto silenzio, ma ha una forza maggiore di qualsiasi minaccia. Così in questa storia l’altruismo spazza via la vigliaccheria. 

Don Franco Rimano, arciprete del duomo di Este, scrive al settimanale diocesano "La Difesa del Popolo" e rompe il muro dell'egoismo eretto anche dagli amministratori locali. Racconta la sua esperienza di accoglienza dei migranti (sei giovani ospiti di un appartamento della parrocchia) e chiede alle altre comunità parrocchiali di provarci. E pazienza se arriveranno le critiche...

... “Qui a Santa Tecla - racconta don Franco - abbiamo messo a disposizione un appartamento della parrocchia che ospita sei giovani profughi, che si autogestiscono seguiti quotidianamente da un operatore di una cooperativa indicataci dalla Caritas diocesana. L’integrazione è positiva, problemi di sicurezza non ce ne sono e molti volontari si stanno attivando. Con il contributo dello Stato italiano, che per ogni profugo assicura circa 30 euro al giorno, si paga un po’ l’affitto, si stipendia l’operatore e si assicurano vitto e alloggio a questi giovani. Stiamo verificando un altro immobile, sempre della parrocchia, per poter eventualmente creare un altro piccolo nucleo”. 
È il modello che la Caritas diocesana ha definito delle “micro accoglienze”: poche persone da ospitare, in uno stile di vera fraternità, con il coinvolgimento concreto degli operatori pastorali e, attraverso di loro, dell’intera comunità parrocchiale. Una formula che si è dimostrata il migliore antidoto ai rischi che ogni grande struttura porta inevitabilmente con sé. E che rappresenta anche una strada privilegiata per consentire alle comunità cristiane di “toccare con mano” il dramma dei profughi, senza cadere preda delle strumentalizzazioni politiche e dei luoghi comuni che purtroppo vanno monopolizzando l’informazione italiana. Anzi, ribaltando in positivo quell’odioso refrain, “Se ti piacciono tanto i profughi, perché non li ospiti a casa tua?” che impazza sui social network. 
E allora, ecco l’appello all’intera diocesi: “Perché ogni parrocchia non può chiedere a qualche parrocchiano frequentante di mettere a disposizione un appartamento sfitto, col parroco che fa da garante e una cooperativa che così può dare lavoro a qualche giovane operatore, che magari nel vicariato segue due o tre di queste micro accoglienze? Non serve chiedere il consenso ai cittadini, basta avere il coraggio di organizzarsi. Facendo un po’ di conti, circa duemila immigrati la nostra diocesi potrebbe accoglierli, diventando così un esempio per tutta l’Italia. Certo avremo una parte dei nostri cittadini contro, ma credo che serviremmo il vangelo in maniera concreta, chiedendo alla politica sostegno a queste micro iniziative. Eviteremmo così tante polemiche o scontri di civiltà e religioni, diventando davvero ‘profeti di incontro e accoglienza’”. 
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