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mercoledì 29 aprile 2015

«Se non fosse per te» Al Brancaccio in scena le storie, il passato e il difficile presente degli ospiti dei centri di accoglienza - Videomessaggio di Papa Francesco


“Se non fosse per te” è lo spettacolo in programma per il 28 aprile, dedicato all’amore e alla possibilità di riscatto. Regia a cura di Carlo Del Giudice


Storie d’amore: verso una donna, verso i propri figli, ma anche per lo studio e i libri. Ancora, amore per Dio e per il prossimo, per i genitori. Per la vita. Sono gli ingredienti di “Se non fosse per te”, lo spettacolo proposto dagli ospiti dei centri di accoglienza della Caritas diocesana, in programma per martedì 28 aprile al Teatro Brancaccio (via Merulana 244), alle 20.30.

Dal 2006 la Caritas propone un laboratorio teatrale guidato dal regista Carlo Del Giudice, a cui partecipano gi ospiti dei diversi centri di accoglienza sparsi per la città. Persone «prive di molte cose – spiega Del Giudice – però colme di emozioni, sentimenti, sogni, idealità, potenzialità e risorse». Proprio per questo la scelta di quell’arte «profondamente umana» che è il teatro non è stata casuale: per il regista, «è il mezzo espressivo che più di altri riesce a mettere in luce la ricchezza interiore; contribuisce a riconoscere valore ad ogni persona che sale sul palcoscenico, addirittura la trasfigura fino a sublimarla nella sua essenza più profonda».

Sul palco del Brancaccio gli ospiti delle strutture Caritas porteranno quindi il loro vissuto, raccontando le “loro” storie d’amore. Il teatro però, avverte il regista, in qualche misura «rende “attori” anche coloro che assistono: ogni persona che siede in platea si sente invitata a un percorso di crescita e cambiamento, in uno scambio di umanità che si verifica tra attori e pubblico». La rappresentazione al Brancaccio quindi diventerà spazio di incontro, luogo di condivisione nel quale «gli attori sul palco, uomini e donne con storie difficili, hanno la possibilità di raccontare ed esprimere sé stessi ad altri uomini e donne che in quel sentire spesso si riconoscono». Ancora, “Se non fosse per te”, nelle parole del regista, è «il paradigma del riscatto per tutti – attori, pubblico e città – da una vita vissuta a metà; uno slancio verso una dimensione esistenziale autentica che ci spinge a essere più veri». (Fonte: ROMASETTE)

La povertà va in scena ma non è fiction. Sotto i riflettori, sulle assi del palcoscenico, si muove il senza fissa dimora, l’immigrato fa la sua battuta, con lui la donna che mangia alla mensa dove le offrono un pasto, altrimenti sarebbe digiuno.

Alla scuola dei poveri
Si recita, ma il copione è scritto dai drammi veri di questi attori di un solo giorno, che vogliono raccontare alla gente comune che anche tra i muri della miseria più nera l’amore può sempre aprire la porta del riscatto:

“Chi mai pensa che un senza dimora sia una persona da cui imparare? Chi pensa che possa essere un santo? Invece questa sera sarete voi a fare del palcoscenico un luogo da cui trasmetterci preziosi insegnamenti sull’amore, sul bisogno dell’altro, sulla solidarietà, su come nelle difficoltà si trova l’amore del Padre”.

"Voi non siete un peso"
Papa Francesco non c’è ma si capisce che vorrebbe esseri lì, seduto in mezzo al pubblico del Brancaccio, a vivere un’esperienza che ha pochi paragoni – Lui, Pastore universale, alla scuola della “carne di Cristo”, dove la forma scenica dà visibilità e forma estetica a tante storie, tutte declinazioni dell’amore: verso i genitori, verso una donna, verso i propri figli, verso Dio e il bene del prossimo. Sogni e sentimenti che diventano teatro senza perdere un filo di realismo, basta guardare i segni sul viso di chi recita, gente che da sempre occupa i primi posti nella platea del cuore del Papa:

“Voi per noi non siete un peso. Siete la ricchezza senza la quale i nostri tentativi di scoprire il volto del Signore sono vani. Pochi giorni dopo la mia elezione, ho ricevuto da voi una lettera di auguri e di offerta di preghiere. Ricordo di avervi immediatamente risposto dicendovi che vi porto nel cuore e che sono a vostra disposizione. Confermo quelle parole. In quell’occasione vi avevo chiesto di pregare per me. Rinnovo la richiesta. Ne ho veramente bisogno”.

Chiesa di Roma, maestra di "pietas"
A un tratto, il videomessaggio di Francesco è un elenco di romani con l’anima del Buon Samaritano – dal martire Lorenzo a don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas romana – e quindi un lungo grazie agli operatori e ai volontari Caritas, di Roma e d’Italia, che con il loro farsi prossimi scoprono – dice – “un mondo che chiede attenzione e solidarietà: uomini e donne che cercano affetto, relazione, dignità, e insieme ai quali – sottolinea Francesco – tutti possiamo sperimentare la carità imparando ad accogliere, ascoltare e a donarsi”:

“Quanto vorrei che Roma potesse brillare di ‘pìetas’ per i sofferenti, di accoglienza per chi fugge da guerra e morte, di disponibilità, di sorriso e di magnanimità per chi ha perduto la speranza. Quanto vorrei che la Chiesa di Roma si manifestasse sempre più madre attenta e premurosa verso i deboli. Tutti abbiamo debolezze, tutti ne abbiamo, ciascuno le proprie. Quanto vorrei che le comunità parrocchiali in preghiera, all’ingresso di un povero in chiesa, si inginocchiassero in venerazione allo stesso modo come quando entra il Signore!”. (Fonte: Radio Vaticana)


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