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martedì 14 aprile 2015

La Nigeria e tutto il mondo ricorda il rapimento delle studentesse a Chibok: cortei, marce, il rapporto di Amnesty International e la lettera aperta di Malala.


In Nigeria, e non solo, è il giorno della marcia. Nella capitale Abuja, e in molte altre città del mondo, la mobilitazione è partita: donne, ragazze, giovani e non, un fiume di persone vestite di rosso camminano per le strade ricordando che un anno fa, nella notte tra il 14 e il 15 aprile, i miliziani di Boko Haram fecero irruzione nel dormitorio di una scuola di Chibok, nel nordest della Nigeria, e rapirono 276 studentesse. Cinquantasette di loro riuscirono a fuggire nei giorni seguenti ma delle altre 219 ragazze, da allora, non si sa più nulla e negli ultimi giorni è circolata la notizia che potrebbero essere state uccise.

Il web si mobilita. Ma il mondo non smette di sperare e, attraverso la campagna 'Bring Back Our Girls', continua a chiedere che non siano dimenticate e che vengano liberate. Le iniziative organizzate per oggi stanno viaggiando anche sui social network, dando vita ad una marcia silenziosa globale che ha luogo contemporaneamente in diverse parti del mondo, attraverso gli hashtag #BringBackOurGirls, #365DaysOn, #ChibokGirls, #NeverToBeForgotten.
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In occasione del primo anniversario del rapimento delle ragazze della scuola di Chibok, Amnesty International ha pubblicato un rapporto nel quale denuncia che molte delle almeno 2000 donne e bambine rapite da Boko haram dal 2014 sono state ridotte in schiavitù sessuale e addestrate a combattere.

Basato su quasi 200 testimonianze oculari, tra cui quelle di 28 donne e bambine riuscite a fuggire ai loro sequestratori, il rapporto di 90 pagine intitolato "Il regno del terrore di Boko haram", denuncia molteplici crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi dal gruppo armato, tra cui l'uccisione di almeno 5500 civili nel nord-est della Nigeria a partire dal 2014.

Il rapporto di Amnesty International rivela nuovi particolari sui metodi brutali usati da Boko haram: uomini e bambini regolarmente arruolati a forza o sistematicamente uccisi; donne e bambine rapite, imprigionate e in alcuni casi stuprate, costrette a sposarsi o a partecipare alle azioni armate, a volte contro i loro villaggi e le loro città.
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Alla vigilia del primo anniversario del sequestro delle 219 studentesse nigeriane di Chibok, il premio Nobel per la pace Malala ha denunciato lo scorso impegno dei leader nigeriani e della comunità internazionale per la loro liberazione e ha invitato le ragazze a non perdere la speranza.

Malala: «La comunità internazionale non ha fatto abbastanza per liberarvi»
«A mio giudizio, i leader nigeriani e la comunità internazionale non hanno fatto abbastanza per aiutarvi», si legge in una lettera indirizzata alle studentesse, chiamate «mie coraggiose sorelle».«Devono impegnarsi di più per garantire la vostra liberazione - ha aggiunto - io sto insieme alle tante persone che stanno facendo pressioni per assicurare che siate liberate». La lettera di Malala, presentata come «un messaggio di solidarietà e speranza», è stata pubblicata oggi nell'ambito di una serie di iniziative, tra cui marce, preghiere e veglie, che si terranno nel paese in occasione dei 12 mesi di prigionia delle studentesse. 

«Attendo con ansia il momento in cui vi riabbraccerò»
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