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giovedì 30 aprile 2015

La bella storia del poliziotto che salva la piccola Emanuela e vuole adottarla

La storia di Raffaele Santoro, poliziotto della compagnia di Casapesenna, fortuitamente intrecciatasi con quella della piccola Emanuela, la bimba abbandonata lo scorso sabato, nei pressi di un bidone della spazzatura a Villa Literno,  propone due stralci d’umanità profondamente diversi, due modi di percepire lo status di genitore ubicati ai poli estremi.
Due realtà opposte e contrapposte che vivono nell’ordinario esondare dei nostri giorni e che poco o nulla hanno in comune. Eppure, in questo caso, attraverso quell’embrionale ed indifeso vagito di vita, si sono susseguiti, passandosi, involontariamente, il testimone, consegnando all’opinione pubblica due profili agli antipodi e che tanto raccontano della nostra società.
Una madre che frettolosamente abbandona la sua bambina, infagottata in una busta per la spesa; un poliziotto che soccorre quel batuffolo di donna, praticandole manovre respiratorie per cercare di rianimarla prima dell’arrivo dei soccorsi, rimanendo completamente travolto dalla dolcezza della piccola Emanuela.
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Sognano di portare a casa Emanuela, la neonata trovata sabato scorso sul ciglio di una strada a Villa Literno, come se fosse una loro figlia: Raffaele Santoro non nasconde il desiderio che condivide con la moglie Francesca e con Aldo, otto anni, ed è già pronto ad avviare la pratica per l’adozione.
«Quando l’ho vista è stato bellissimo, è come se l’avesse partorita mia moglie. Per noi è un dono di Dio» dice. Raffaele Santoro è il poliziotto del posto fisso di Casapesenna, in provincia di Caserta, che la mattina di sabato è giunto davanti al bar Classico, sulla provinciale che collega Villa Literno e Castel Volturno, e che ha soccorso la piccola praticandole il massaggio cardiaco, salvandole la vita. «Ho pensato subito che era mio figlio morto che mi stava aiutando – racconta –. Quando con la volante siamo arrivati sul posto la bambina era cianotica. Aveva in gola ancora il liquido amniotico. Ho iniziato subito a farle il massaggio cardiaco finché non ha ripreso a respirare. Lo facevo sempre a Nicola, quando era in preda a crisi respiratorie». Nicola è il suo primo figlio, morto tre anni fa, a dieci anni, per una rara malattia. «A casa c’è un vuoto incolmabile – confida Santoro – l’altro mio figlio appena ha sentito la storia di Emanuela mi ha detto: "papà devi portarla a casa"». 
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