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giovedì 19 febbraio 2015

"La gratuità che sa parlare" di Luigino Bruni

Le levatrici d’Egitto/8 -
Il Dio biblico chiama a camminare i deserti senza paura



"La gratuità che sa parlare"

di Luigino Bruni





"Guardarsi dall’idolatria significa non eludere la domanda dei figli e delle figlie, che chiedono: ‘perché questo rito, perché questo comandamento etico, perché amare il Dio unico? E significa non sottrarsi alle risposte” (Jean-Pierre Sonnet, Generare è narrare).

Fu sufficiente il tempo di una sola notte perché il faraone dimenticasse il grande dolore delle piaghe, e le uniche preoccupazioni dell’impero tornassero ad essere i mattoni e il ‘servizio’ degli israeliti: “Quando fu riferito al re d'Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati” (14,5-6). L’alba del nuovo giorno ci svela che in quella liberazione non c’era alcuna gratuità.

La prima nota di fondo di tutti i regimi idolatrici è proprio l’assenza di gratuità, che è invece la prima dimensione della fede biblica. La creazione è dono, l’alleanza è dono, la promessa è dono, la lotta all’idolatria è dono. Gratuità è l’altro nome di YHWH. La cultura dell’idolo odia il dono. È il suo primo nemico sulla terra, perché l’idolo ‘sa’ che il contatto con lo spirito di gratuità lo farebbe morire, gli estrarrebbe il suo potere incantatore. Quando si creano regni idolatri, la prima operazione dei faraoni è allora cercare di eliminare ogni traccia di vero dono dal loro spazio ‘sacro’, e riempirlo tutto e solo di oggetti e merci. Nel nostro tempo questa cancellazione è tentata banalizzando, deridendo la gratuità, considerandola una nostalgia infantile di adulti mal cresciuti. Poi viene trasformata nei gadget del faraone, nei suoi sconti, fidelity cards e regali innocui consentiti soltanto durante le sue ‘feste’. Ma il tentativo più subdolo di espulsione della gratuità, è confinarla nel ‘non-profit’, affidarne il monopolio alle istituzioni filantropiche o agli sponsor che, come il capro espiatorio, hanno lo scopo di addossarsi tutto il dono-gratuità del villaggio, portarlo fuori e farlo morire nel deserto.
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