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mercoledì 21 maggio 2014

Elezioni europee: I vescovi europei invitano al voto espresso in risposta alle sollecitazioni di una coscienza informata

Magari sarà più facile trovare le motivazioni nei 4.095 Comuni, o nelle due Regioni, che il 25 maggio sono chiamati al voto: una buona amministrazione fa la differenza competitiva e della qualità della vita, in tempi di risorse decrescenti, per cui non si può delegare a nessuno la scelta dei propri più diretti rappresentanti. Eppure, anche nella restante metà d’Italia, in cui i cittadini voteranno solo per il Parlamento europeo, votare si deve, nonostante tutto.
Votare si deve nonostante l’Unione europea faccia fatica e facciano fatica i cittadini a riconoscersi nelle dodici stelle gialle in cerchio in campo blu, anche se ormai non ne possono fare a meno...
Votare dunque si deve, nonostante tutto, anche per scegliere l’indirizzo politico. Necessariamente, infatti, il futuro dell’Europa passa per la costruzione di un sistema politico europeo. E per la sua coerenza con i principi di fondo, per cui in particolare proprio i cattolici, come ribadito in un bel documento dell’episcopato europeo dello scorso mese di marzo, devono impegnarsi, prima di tutto con la partecipazione.
In quel documento si sottolineava anche la cruciale questione della partecipazione dei giovani, che tutti i sondaggi segnalano tentati dalla protesta fine a se stessa. In effetti c’è oggi una grande questione sull’identità, che, se non ha risposte di alto profilo, rischia di essere risolta facendo ricorso a surrogati purchessia. E questo forse è il vero punto culturale e politico di questa tornata elettorale. Per l’Europa e anche per l’Italia.

Le elezioni al Parlamento Europeo si svolgeranno il 22–25 maggio 2014. Il loro esito darà forma alla legislatura UE  per i prossimi cinque anni e avrà rilevanti implicazioni per coloro che guideranno l’Unione nel corso dei prossimi anni.
E’ essenziale che i cittadini UE partecipino al processo democratico esprimendo il loro voto il giorno delle elezioni. Più elevata sarà l’affluenza, più forte sarà la nuova legislatura.
Il periodo che precede le elezioni offre un’opportunità alla società Europea nel suo insieme di dibattere le questioni socio-economiche centrali che daranno forma all’Unione negli anni a venire.
Sentiamo come nostro dovere, quali Vescovi della COMECE, di offrire orientamenti all’elettore UE formandone la coscienza, e desideriamo farlo sottolineando le questioni di rilievo, valutandole attraverso il prisma della dottrina sociale Cattolica.
Anche se ci rivolgiamo, in prima istanza, ai cittadini UE Cattolici, ci auguriamo che le nostre raccomandazioni possano essere ascoltate con favore anche da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il successo del progetto Europeo. Ci auguriamo che la nostra voce venga udita anche da coloro che intendono ricevere un mandato per prestare servizio presso il Parlamento Europeo...

Abbiamo troppo da perdere se il progetto europeo subisse un deragliamento, scrivono i vescovi accreditati presso la UE con un appello al voto. Ma noi ne siamo altrettanto convinti?
"Il messaggio Cristiano è un messaggio di speranza. E' nostra convinzione che il progetto Europeo sia ispirato da una visione nobile del genere umano. Singoli cittadini, comunità e anche stati-nazione devono essere capaci di mettere da parte l'interesse particolare alla ricerca del bene comune. L'esortazione papale Ecclesia in Europa promulgata da papa Giovanni Paolo II nel 2003 è stato un testo di speranza, ed è con ferma convinzione che la Chiesa si accosta alla sfida europea. La temperanza è una delle virtù naturali poste al cuore della spiritualità Cristiana. Una cultura di moderazione deve dare forma all'economia sociale di mercato e alle politiche ambientali. Dobbiamo imparare a vivere con meno, ma nello stesso tempo fare in modo che coloro che si trovano in una condizione di reale povertà ottengano una parte più giusta".
Vorrei tanto sbagliarmi, ma temo che troppi cattolici italiani non abbiano avuto modo di ascoltare queste parole. Eppure è il Messaggio dei vescovi accreditati presso l'Unione Europea (COMECE) che dal 20 marzo rimbalza nelle parrocchie e nei gruppi dell'intera Europa. Ma non da noi, nonostante uno dei quattro vice-presidenti COMECE sia il vescovo di Piacenza-Bobbio (almeno sul sito della diocesi, tra i suoi documenti si riporta un articolo sul tema pubblicato sulla rivista di attualità pastorale Settimana 10/2014).
"Importunate i vostri pastori" ci ha detto papa Francesco: potrebbe essere un'idea, un'ottima idea. Ma ciò non toglie che, ascoltando l'invito di mons. Galantino ad essere "cristiani adulti", non si possa trovare occasione per parlarne e diffonderlo con le nostre forze di laici. Del resto non è la prima volta, chissà perché, che in Italia i loro documenti trovano cassa di risonanza solo in qualche rivista e poco più.
E non è una sfida da poco quella che ci aspetta il 25 maggio e lo sanno bene i vescovi che "avvertono l'odore delle loro pecore" e tutti coloro che si sentono parte di una comunità viva, parrocchiale o di gruppo, movimento che sia. E temono per il futuro. Temono in primo luogo il fantasma dell'astensionismo che porterebbe a Strasburgo una rappresentanza limitata, ma temono soprattutto quel ripiegamento egoistico sui propri interessi a piccolo raggio che fanno dimenticare come invece si faccia comunque parte di un tutto. Che non possiamo eludere.
Non per nulla i vescovi europei affermano di rivolgersi in prima istanza ai cittadini dell'Unione che si dichiarano cattolici, ma si augurano di essere ascoltati anche da parte di "tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il successo del progetto Europeo". Senza dimenticare che anche in Europa i cattolici sono solo una fetta dei cristiani, essendo affiancati dai "fratelli separati" della Riforma con i quali si lavora, si annuncia il Vangelo, si prega (e numerosi sono gli interventi e le iniziative a respiro europeo a livello congiunto)...

Elezioni Ue: credenti protagonisti per una "casa comune" unita e plurale
L'approccio con le elezioni europee ci obbliga a guardare ciò che stiamo realizzando del nostro continente. Ma che cosa è l'Europa? Cominciamo da quello che vediamo. Quando si viaggia attraverso il continente, ci si confronta con una grande varietà nel paesaggio naturale, ma anche nel paesaggio umano. Costantemente ci meravigliamo delle numerose lingue, abitudini, tradizioni (culinarie, architettoniche...), così come delle numerose idee e stili di vita. Tutto questo può essere inteso come un caleidoscopio, nel quale ogni pezzetto, messo insieme agli altri, senza perdere la propria identità, si relaziona agli altri per creare qualcosa di nuovo, di inedito e più bello. 
L'Europa, però, non è soltanto diversità, parte da un terreno comune che non è semplicemente geografico. Ci sono molti valori e principi condivisi, e soprattutto esistono la fede cristiana e la cultura da essa generata, la quale è ancora fortemente radicata e ci fa capire che siamo più di semplici "popoli vicini". Essere cristiani significa che tutti appartengono allo stresso popolo, alla stessa famiglia. Non abbiamo bisogno di pensare l'altro come nemico che ci minaccia. Chi, per difendere i propri interessi, crede necessario attaccare l'altro o chiudersi in sé, testimonia egoismo e insicurezza. 
Ma la fede non si limita a insegnare che c'è qualcosa di comune. Essa ci mette in moto e ci mostra il metodo per vivere insieme e rafforzare l'unità mantenendo la pluralità. La fede ci rende consapevoli che l'unità si costruisce come comunione, cioè come dialogo e condivisione, e con la collaborazione di ciascuno...