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sabato 22 marzo 2014

"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 18/2013-2014 (A) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
di Santino Coppolino




Vangelo: Gv 4,5-42







Nel Vangelo di questa domenica Gesù sembra indossare le vesti del moralista processando la vita della malcapitata samaritana. Questa è la prima ed unica volta che nei Vangeli, Gesù investiga sulla vita privata di una persona. Ma è una lezione di morale quella che l'evangelista vuole trasmetterci?
Crediamo di no. Il dialogo tra Gesù e la samaritana non si svolge a livello etico ma teologico, nell'episodio non si sta processando una donna inquieta, e quello che Gesù le dice non riguarda la sua vita privata ma il suo rapporto con Dio. Il brano va interpretato alla luce del libro del profeta Osea, samaritano anch'egli che, a partire dalla sua disastrosa situazione matrimoniale, per primo usò l'immagine nuziale per indicare la relazione tra Dio e il suo popolo (Os 2,2ss). Gesù, che l'evangelista ha già presentato come lo Sposo (Gv 3,29), si mette, come il profeta, alla ricerca della donna adultera per ricondurla a Dio offrendole se stesso, fonte d'acqua viva, la sola che spegnerà definitivamente la sua sete d'amore.
In Gesù è Dio che si offre a lei, l'adultera, donandole la sua stessa capacità d'amare. L'adulterio (che è il simbolo dell'idolatria) della samaritana consisteva nell'aver abbandonato il Dio di Israele per seguire le altre cinque divinità ("baal" in ebraico significa sia "signore/padrone" che "marito") adorate nella regione, e per le quali i samaritani avevano costruito cinque templi su altrettante colline (2Re 17,24-41), come attestato anche da Giuseppe Flavio in "Antichità Giudaiche". Per questo motivo i Samaritani erano odiati dai Giudei, per la loro idolatria, odio la cui eco risuona nel nostro brano con un eufemismo dell'evangelista: "I Giudei infatti non hanno buoni rapporti con i Samaritani", e ritenuti "quel popolo stupido che abita in Sichem" (Sir 50,26).  Ben si comprende allora la meraviglia della donna alla richiesta di Gesù, poiché un giudeo sarebbe morto di sete piuttosto che chiedere acqua ad una donna e per di più samaritana. Gesù invece non solo le si  fa vicino e le parla, ma le offre un amore ancora più grande di quelli che ha conosciuto, un amore che non deve  essere meritato per i suoi sforzi, come estrarre l'acqua da un pozzo, ma un amore che va semplicemente accolto, come l'acqua che sgorga dalla sorgente, perché dono gratuito di Dio.
Alla donna che chiede dove deve recarsi per  rendere culto a Dio, Gesù risponde che è il Padre che si dona agli uomini "in Spirito e Verità" , non esige di farsi servire, ma si fa servo degli uomini. L'unico culto a Dio è quello di un amore fedele "a Sua immagine e somiglianza" un amore così grande che non si lascia condizionare dalla risposta dell'uomo.