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mercoledì 5 marzo 2014

Quaresima: è l'ora del risveglio


Quaresima:
è l'ora del risveglio

di Enzo Bianchi




Si avvicina il tempo della quaresima, tempo dei quaranta giorni precedenti la Pasqua, tempo da viversi come penitenziale, impegnati nel rinnovamento della conversione, tempo che la chiesa vive e celebra dalla metà del IV secolo d.C.
La quaresima – che la chiesa con audacia chiama “sacramento” (“annua quadragesimalis exercitia sacramenti”: colletta della I domenica di Quaresima), cioè realtà che si vive per partecipare al mistero – è un tempo “forte”, contrassegnato da un intenso impegno spirituale, per radunare tutte le nostre energie in vista di un mutamento del nostro pensare, parlare e operare, di un ritorno al Signore dal quale ci allontaniamo, cedendo costantemente al male che ci seduce. La prima funzione della quaresima è il risveglio della nostra coscienza: ciascuno di noi è un peccatore, cade ogni giorno in peccato e perciò deve confessarsi creatura fragile, sovente incapace di rispondere al Signore vivendo secondo la sua volontà.
Il cristiano non può sentirsi giusto, non può ritenersi sano, altrimenti si impedisce l’incontro e la comunione con Gesù Cristo il Signore, venuto per i peccatori e per i malati, non per quanti si reputano non bisognosi di lui (cf. Mc 2,17 e par.). Con l’Apostolo il cristiano dovrebbe dire: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io” (1Tm 1,15). Ecco, riconoscere il proprio peccato è il primo passo per vivere la quaresima, e i padri del deserto a ragione ammonivano: “Chi riconosce il proprio peccato è più grande di chi fa miracoli e risuscita un morto”.
Il cammino quaresimale si incomincia con questa consapevolezza, e perciò la chiesa prevede il rito dell’imposizione delle ceneri sul capo, con le parole che ne esprimono il significato: “Sei un uomo che, tratto dalla terra, ritorna alla terra, dunque convertiti e credi alla buona notizia del Vangelo di Cristo!”. Così si vive un gesto materiale, una parola assolutamente decisiva per la nostra identità e la nostra chiamata.
Di conseguenza, nei quaranta giorni quaresimali si dovrà intensificare l’ascolto della parola di Dio contenuta nelle sante Scritture e la preghiera; si dovrà imparare a digiunare per affermare che “l’uomo non vive di solo pane” (Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4); ci si dovrà esercitare alla prossimità all’altro, a guardare all’altro, a discernere il suo bisogno, a provare sentimenti di com-passione verso di lui e ad aiutarlo con quello che si è, con la propria presenza innanzitutto, e con quello che si ha.
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