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mercoledì 5 febbraio 2014

"Il dialogo che batte la violenza" di Enzo Bianchi

Il recente documento della Commissione teologica internazionale affronta con lucidità la tematica del rapporto tra religioni monoteistiche e violenza, a partire dall’ottica propria di un organismo composto da teologi cattolici a servizio della chiesa universale: non a caso il sottotitolo parla di “monoteismo cristiano contro la violenza”. Vorrei approfondirne alcuni aspetti così da favorire una lettura che, muovendosi dall’ambito interno alla chiesa cattolica, si allarghi al confronto con le altre confessioni cristiane e giunga a stimolare il dialogo con gli altri due “monoteismi” – ebraico e islamico – e con il pensiero esterno allo spazio religioso.
La riflessione non può che partire dai testi evangelici che narrano la vita di Gesù Cristo: una vicenda umana e spirituale che – anche a chi non vi scorga elementi soprannaturali o legami con la divinità della figura – esprime con le parole e con i fatti una condanna esplicita di ogni violenza, qualunque sia la “ragione” che pretenda giustificarla, fosse anche quella compiuta in nome della fede: il perdono illimitato e l’amore per i nemici diventano un comando essenziale nella sequela cristiana. Gesù di Nazaret ha mostrato che il male si può vincere solo con il bene e con un perdono rinnovato fino a “settanta volte sette”.
D’altro canto è vero che, sempre dai vangeli, emerge come il cristianesimo non sia una religione come le altre, dal momento che chiede di criticare la religione stessa. Marcel Gauchet si è spinto fino a parlare di “cristianesimo come religione dell’uscita dalla religione”: è questa singolarità che – nella scia dei profeti veterotestamentari, durissimi contro gli abusi del potere anche religioso – ha dato vita a pagine evangeliche e a testimonianze di uomini e donne di ogni epoca capaci di opporsi a ogni violenza e ingiustizia.
Certo, il documento teologico avrebbe potuto aprire in modo più esplicito e preciso a una confessione penitenziale delle colpe storiche dei cristiani, ma nessuno dei cattolici, almeno finora, ha dimenticato la lettera apostolica Tertio millennio adveniente e la liturgia profetica nelle quali Giovanni Paolo II ha chiesto perdono per i peccati commessi dai cristiani, in particolare per gli atti di violenza, di persecuzione e di intolleranza praticate nei confronti degli altri. Ma il tono minore usato su questo argomento non consente di affermare che la chiesa si è liberata dalla violenza solo in tempi recenti: questo significa non solo dimenticare che nei primi quattro secoli di cristianesimo la violenza si è abbattuta su cristiani che non ne commettevano alcuna, ma anche ignorare come lungo tutta la storia del cristianesimo in terre e culture diversissime non sono mai mancati cristiani che, in nome del vangelo, hanno rifiutato atti di violenza e di intolleranza anche quando la loro stessa istituzione ecclesiale, in situazione di potere e di forza, agiva come i potenti di questo mondo.
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