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venerdì 24 gennaio 2014

“Internet è un dono di Dio” parola di Papa Francesco nel messaggio per la 48esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali

“Internet è un dono di Dio”, ma bisogna fuggire la “comunicazione che ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone” che è “un’aggressione violenta”. Lo scrive Papa Francesco nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sul tema “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”, che viene pubblicato per la festa del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, cinquant’anni dopo il decreto del Concilio Vaticano II sulle comunicazioni sociali, “Inter mirifica”, che aprì le porte dellaChiesa ai media. Dal cinematografo dei fratelli Lumière di ieri ai tweet papali di oggi.
Bergoglio, che legge il mondo della “comunicazione in termini di prossimità”, si sofferma molto sugli aspetti problematici dei media. “La velocità dell’informazione – scrive il Papa – supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta. La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici. L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso”.
Per Papa Francesco, che ha ereditato da Benedetto XVI l’account twitter @Pontifex, i limiti della comunicazione “non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica”. L’invito di Francesco, eletto dalla rivista americana Time uomo dell’anno, è a “recuperare un certo senso di lentezza e di calma”. Ma lo sguardo del Papa si rivolge anche a quella “cultura dello scarto” che Bergoglio sta condannando insistentemente in questi mesi che lo separano dal compimento del primo anno di pontificato. “Il mondo – scrive Francesco – soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose. In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa”.
L’invito del Papa è a “non ignorare il nostro prossimo reale. Non basta passare lungo le ‘strade’ digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. La rete digitale – precisa Francesco – può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”. E il Papa conclude sottolineando che “la testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri”. Molto significativa per gli scandali che hanno coinvolto lo Ior e per le affermazioni sull’esistenza di una lobby gay in Vaticano, l’omelia della Messa celebrata a Santa Marta...

Papa Francesco è un uomo dalla grande e riconosciuta capacità comunicativa. Il suo messaggio, capace di toccare le persone in modo immediato, diretto, intuitivo. Ed è proprio il suo messaggio a plasmare e modellare la forma nella quale egli lo esprime: una forma che finisce per sbilanciare il corpo fuori da macchine e balconi, transenne e finestrini. Papa Francesco è un Papa touch, un Papa che ama il contatto diretto, personale, non mediato.
E Papa Francesco ha appena reso pubblico il suo Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni. È un messaggio semplice, chiaro e forte. Scrive: “la Rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili, ma di persone“. La Rete siamo noi, la Rete è fatta per toccarci, per incontrarci. Se non lo fa non è se stessa. Internet è una conquista innanzitutto umana, prima che tecnologica. Non è un assemblaggio di materiali e strumenti elettrici ed elettronici. La nostra vita è già una rete, anche senza i computer, i tablet e gli smartphones. Però queste tecnologie della comunicazione possono potenziare e aiutare a vivere la nostra esperienza di vita come rete; se dunque non fossero in grado di spingerci ad una maggiore accoglienza reciproca, o far maturare la nostra personale umanità e la nostra reciproca comprensione, non risponderebbero alla loro ragion d’essere (il credente dice “alla sua vocazione“). Perché, se la comunicazione non ci rende più “prossimi” gli uni altri altri, se non ci fa vivere la vicinanza, allora non risponde alla sua vocazione umana e cristiana.

Un modo dirompente per esprimere la familiarità tra la Chiesa e la Rete che è realtà consolidata. Già Benedetto XVI aveva parlato di internet come «vero dono per l'umanità» e deciso di debuttare su Twitter. Francesco fa un altro balzo: i doni della rete sono doni di Dio.
«Non abbiate timore di farvi cittadini digitali» dice ai comunicatori il Papa comunicatore, che ha superato gli undici milioni di seguaci su Twitter. «Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare fino ai confini della terra». L'ospedale da campo che vuole il Papa funziona anche on line: «Aprire le porte delle Chiese significa anche aprirle nell'ambiente digitale». Dietro ogni connessione, nascosta nel wi-fi, c'è una persona. La rete è una strada «perché la gente entri, in qualunque condizione di vita si trovi». La Chiesa è «casa di tutti».
Internet può aiutare anche a ridurre le divisioni che permangono nell'umanità. Nel mondo «vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri». Ma la vicinanza che offre la rete, la facilità nel raggiungersi e parlarsi, questo «mondo che sta diventando sempre più piccolo», portano con sé potenzialità di bene. E le istruzioni per maneggiare il dono di Dio sono cercare «maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti».
Incontri reali, non virtuali. Tra i tweet e i post si annidano limiti, insidie da schivare. «Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso». E poi «la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un'espressione di sé misurata e corretta». Le influenze di «determinati interessi politici ed economici». Ma ciò non significa rifiutare i media. Solo trovare ricette per farne buon uso: «Recuperare un certo senso di lentezza e di calma», «essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi». Trovare spazi per elaborare gli input, a volte eccessivi e confusionari, della rete.
Qualche ragione di ottimismo arriva da una ricerca dell'Istituto Toniolo sui giovani tra i 18 e i 29 anni...