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venerdì 6 dicembre 2013

Le donne nella Chiesa: la parola a Maria Voce e Giancarla Codrignani



Donne cardinale? Occorre ben altro. Cosa, ad esempio? “Aprire gli organi consultivi e decisionali esistenti ad una significativa presenza femminile e, perché no, crearne di nuovi. È un cambio di punto di vista che va messo in atto”. In controtendenza assoluta con il cognome che porta, ma coerentemente con la filosofia che anima il Movimento dei Focolari, Maria Voce non ama parlare. Preferisce piuttosto farsi capire con i fatti. Nonostante ciò sul tema delle donne nella Chiesa usa, in questa intervista, parole chiare e inequivocabili. È altresì convinta che prendere spazi agli uomini, anche nella Chiesa, “sarebbe un disastro per le donne”, il sacerdozio femminile significherebbe ancora “relegarle in un ruolo di servizio” e occorre ben altro alle donne nella Chiesa che aspirare al titolo di cardinale.

Cosa Maria Voce rappresenti nella Chiesa è presto detto guardando i numeri del Movimento che guida dal 2008, da quando ha dovuto raccogliere l’impegnativa eredità di Chiara Lubich. I Focolarini sono, a tutti gli effetti, il più grande movimento cattolico: diffusi in 192 Paesi, vivono in piccole comunità di laici mettendo in comune i loro beni.
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Senonché, anche qui controcorrente rispetto al corso millenario della Chiesa, sono l’unico Movimento che per Statuto sarà sempre guidato da una donna. Quote rosa ante litteram. Se non fosse che, invece, di quote rosa Maria Voce non ama sentir parlare, in ciò capovolgendo il consueto approccio al concetto di parità. E a Donneuropa spiega quale possa essere, per l’altra metà del cielo, la parte da realizzare sulla terra...


L’intervista di Maria Voce alla rivista «Città Nuova» sul tema donne e Chiesa è di grande interesse, sia per l’importanza della persona — certo la donna più eminente del mondo cattolico in quanto presidente del movimento che vi è più diffuso, i Focolari — sia per il coraggio e la lucidità delle sue proposte.
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Un mese fa avevo scritto una lettera a Papa Francesco - al quale ovviamente tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono grati per quanto tenta di innovare - per suggerirgli prudenza a proposito della sua reiterata intenzione di "parlare del ruolo della donna nella Chiesa". E' infatti necessario ascoltare prima le "eterne dimenticate e sconfitte", come il teologo Juan Josè Tamayo definisce le donne. Di fatto il problema rappresentava - e rappresenta - una situazione che i mezzi di informazione italiani, distratti dall'innamoramento teologico dei vari Scalfari e Odifreddi, trascurano, anche se teologhe, suore, femministe credenti e non credenti hanno espresso serie preoccupazioni "di genere".
Le donne, infatti, quando le istituzioni si occupano del loro futuro, si allarmano: infatti, il ruolo socialmente attribuito al genere femminile andrebbe decostruito perché, pur apparentemente identitario, è in sostanza un'invenzione storica che non rappresenta le donne. Come esempio illuminante basterebbe la notizia, pubblicata a fine settembre dal vaticanista Juan Arias sul quotidiano spagnolo El Pais, secondo cui il Papa potrebbe nominare cardinale una donna. Nonostante la richiesta di religiose favorevoli alla nomina, è scattato fra le donne interessate l'allarme rosso. La porpora cardinalizia rappresenterebbe infatti un'omologazione a "questa" gerarchia vaticana: la solita, ben nota anche nelle altre istituzioni, concessione di finta parità. Alle donne che sperano - come chiesto da Papa Francesco - di rinnovare la Chiesa con la propria cultura, non basta; perché il cattolicesimo, per ora, è "istituzionalmente", solo machista (sempre per usare le parole del Papa argentino). 
Ivonne Gebara, fin dal 4 agosto di quest'anno, suggeriva: "Papa Francesco, per favore, si informi su Google sugli aspetti della teologia femminista, almeno nel mondo cattolico". 
La lettera andava nella stessa direzione: il Papa è un celibe che delle donne conosce solo il ruolo sociale estraneo all'autonomia culturale specifica e quell'idealizzazione "della donna" (il clero imparerà mai a dire "delle donne"?) che trionfa nella visione, propria solo di un immaginario maschile, della vergine-madre, "superiore agli apostoli", ma esente da responsabilità nella costruzione reale della sua Chiesa. Se Maria di Magdala (che San Tommaso chiama "apostola apostolorum") e le altre che si erano recate al sepolcro vuoto, furono incaricate dal Risorto di portare l'annuncio ai fratelli in clandestinità per paura delle persecuzioni, ai nostri giorni risulta davvero poco comprensibile che il ministero "petrino" escluda quello "mariano"...
Leggi tutto: SE LE DONNE POTRANNO AIUTARE LA CHIESA... di Giancarla Codrignani

Vedi anche il nostro precedente post: