Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



martedì 31 dicembre 2013

RINGRAZIAMENTO DI FINE ANNO di Don Tonino Bello



RINGRAZIAMENTO 
DI FINE ANNO
di
Don Tonino Bello 



Eccoci, Signore, davanti a te. 
Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato. 

Ma se ci sentiamo sfiniti, 
non è perché abbiamo percorso un lungo tragitto, 
o abbiamo coperto chi sa quali interminabili rettilinei. 

È perché, purtroppo, molti passi, 
li abbiamo consumati sulle viottole nostre, e non sulle tue: 
seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera, 
e non le indicazioni della tua Parola; 
confidando sulla riuscita delle nostre estenuanti manovre, 
e non sui moduli semplici dell'abbandono fiducioso in te. 

Forse mai, come in questo crepuscolo dell'anno, 
sentiamo nostre le parole di Pietro: 
"Abbiamo faticato tutta la notte, 
e non abbiamo preso nulla". 

Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente. 
Perché, facendoci contemplare la povertà del raccolto, 
ci aiuti a capire che senza di te, 
non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto. 

Ma ci sono altri motivi, Signore, che, al termine dell'anno, 
esigono il nostro rendimento di grazie. 

Ti ringraziamo, Signore, 
perché ci conservi nel tuo amore. 
Perché continui ad avere fiducia in noi. 

Grazie, perché non solo ci sopporti, 
ma ci dai ad intendere che non sai fare a meno di noi. 

Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi. 
Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini. 

Anzi, ci metti nell'anima un cosi vivo desiderio di ricupero, 
che già vediamo il nuovo anno 
come spazio della speranza e tempo propizio 
per sanare i nostri dissesti. 

Spogliaci, Signore, di ogni ombra di arroganza. 
Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza. 
Donaci un futuro gravido di grazia e di luce 
e di incontenibile amore per la vita. 

Aiutaci a spendere per te 
tutto quello che abbiamo e che siamo. 
E la Vergine tua Madre ci intenerisca il cuore. 
Fino alle lacrime.


DONNE NELLA CHIESA, UNA PRESENZA CHE SI FA SENTIRE


DONNE NELLA CHIESA,
UNA PRESENZA CHE SI FA SENTIRE

Sono tante. Sono brave. E, sempre di più, sono in posti di responsabilità. «La metà dell’immensa famiglia umana», come le definì Paolo VI nel messaggio alle donne in chiusura del Concilio Vaticano II, si sta facendo largo anche nella Chiesa. Le donne sono il 20 per cento del totale impegnato in Vaticano, il 50 in settori come i Musei vaticani. Ma non è solo questione di numeri.
Le donne si fanno apprezzare per professionalità e competenza. Una “rivoluzione gentile” che poco ha a che spartire con le rivendicazioni di genere. Tanto che, quella che è considerata la prima donna di “potere” in Vaticano, Mary Ann Glendon (oggi membro della Pontificia commissione referente sullo Ior e nel 2000 presidente della Pontificia accademia delle scienze) è sempre stata una accesa antifemminista. «Senza le donne la Chiesa rischia la sterilità», aveva detto papa Francesconel viaggio in Brasile. Aggiungendo, nella sua Esortazione, che «c’è ancora da allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa». Spazi che, in questi anni, le donne stanno conquistando con merito. Come dimostra il caso di Flaminia Giovanelli, esperta di economia e di politiche sociali, che papa Ratzinger promosse, prima laica in un tal ruolo, a sottosegretario del Pontificio consiglio Giustizia e pace. Prima di lei, alla Congregazione dei religiosi, era diventata sottosegretario suor Enrica Rosanna. Responsabilità che le donne mantengono (le è subentratasuor Nicoletta Spezzati) e che anzi allargano ad altri campi. Da quello della comunicazione a quello dell’arte, dove la fanno da padrone. (fonte: Famiglia Cristiana - articolo di Annachiara Valle)

Leggi anche:



lunedì 30 dicembre 2013

Intervista a mons. Nunzio Galantino, neo-segretario generale "ad interim" della Conferenza Episcopale Italiana e testo della lettera di Papa Francesco alla sua diocesi

Papa Francesco accelera la riforma della Cei scegliendo come segretario generale ad interim il vescovo di Cassano allo Jonio, monsignor Nunzio Galantino. Il prelato pugliese prende il posto di Mariano Crociata, che segretario della Cei è stato per due mandati (alla fine circa 5 anni), che nel frattempo è diventato vescovo di Latina. La chiave per comprendere la scelta di Bergoglio, che poche settimane fa aveva escluso dalla potentissima Congregazioni per i vescovi il presidente della Cei Angelo Bagnasco, è tutta nell’inedita lettera che il Papa ha scritto ai fedeli della diocesi di cui monsignor Galantino è pastore dal 2012. Ed è in questo testo che si tocca con mano la volontà di Papa Francesco di avere attorno a sé pastori “con l’odore delle pecore” e non uomini da scrivania. Non a caso monsignor Galantino ha chiesto e ottenuto da Papa Francesco di continuare a guidare la diocesi di Cassano coniugando il lavoro pastorale già intrapreso con quello che dovrà svolgere a Roma per la Cei....

«... Forse vi sembrerà strano che vi scriva, ma lo faccio per chiedervi aiuto. Mi spiego. Per una missione importante nella Chiesa italiana, ho bisogno che monsignor Galantino venga a Roma almeno per un periodo. So quanto amate il vostro Vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto, e vi capisco. Per questo ho voluto scrivervi direttamente come chiedendo il permesso... Vi domando, per favore, di comprendermi... E di perdonarmi...».

Intervista al vescovo di Cassano all'Jonio, mons. Nunzio Galantino, nominato da Papa Francesco segretario generale "ad interim" della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). 
L'annuncio della nomina è stato dato alle ore 12 di lunedì 30 dicembre 2013 in Vaticano e nella Cattedrale di Cassano.
Guarda il video


PACE E FRATERNITA' - "Venite tutti alla marcia per la pace a Campobasso!" - L'invito di Mons. Giancarlo Bregantini


"Venite tutti alla marcia per la pace a Campobasso!" -
L'invito di Mons. Giancarlo Bregantini,
Arcivescovo di Campobasso-Bojano

Si svolgerà a Campobasso il 31 dicembre prossimo, la46ª Marcia per la Pace promossa dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, da Caritas italiana, da Pax Christi Italia, dall'Azione Cattolica Italiana e dall'Arcidiocesi di Campobasso-Boiano.

Il tema della marcia tradizionalmente prende spunto dal Messaggio di Papa Francesco per la 47ª Giornata Mondiale per la Pace, che si celebra il 1° gennaio di ogni anno, dal titolo "Fraternità, fondamento e via per la pace". «Senza fraternità è impossibile costruire una società giusta e una pace solida e duratura», sottolinea il Papa in quello che è il suo primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.

GUARDA IL VIDEO

Caterina Simonsen... Dove siamo arrivati? E la solidarietà umana? ...Quel giusto equilibrio fra il cuore e la mente - Vito Mancuso


Caterina Simonsen, studentessa di veterinaria all’Università di Bologna da tempo seriamente malata, qualche giorno fa su Facebook ha scritto così a favore della sperimentazione animale in ambito medico: «Ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale, senza la ricerca sarei morta a 9 anni». Ha aggiunto di studiare veterinaria «per salvare gli animali», di essere vegetariana, e nel suo profilo mostra una foto che la ritrae mentre bacia il suo criceto di nome Illy. Nel giro di qualche ora ha ricevuto centinaia di messaggi offensivi, tra cui una trentina di questo tipo: «Era meglio se morivi a 9 anni brutta imbecille, io sperimenterei su persone come te»; oppure: «Se per darti un anno di vita sono morti anche solo 3 topi, per me potevi morire pure a 2 anni». Penso sia lecito chiedersi dove siamo finiti e che ne sia ormai della solidarietà umana.
Come Caterina Simonsen, anch’io ho scelto di non mangiare più carne, è una scelta che mi fa sentire solidale con la vita, che reputo sacra in ogni sua manifestazione, umana e animale. Anzi, penso che la vita sia sacra già a livello vegetale e che di per sé non si dovrebbero mangiare neppure le patate e le cipolle che sono tuberi e possono generare vita, e infatti i monaci giainisti non le mangiano cibandosi solo di frutti. Ma non basta, occorrerebbe chiedersi se un albero voglia darci i suoi frutti, che non ha certo prodotto per noi, e se raccoglierli non implichi una forma di violenza, per lo meno di quella legata al furto. Non a caso Gandhi scriveva che «il consumo dei vegetali implica violenza», aggiungendo però subito dopo: «Ma trovo che non posso rinunciarvi». Da qui il profeta della non-violenza concludeva che «la violenza è una necessità connaturata alla vita corporea». La nostra vita, in altri termini, per esistere si deve nutrire di altra vita che deve necessariamente sopprimere. Per questo nessuno è innocente e nessuno è in grado di stabilire con certezza dove si debba attestare il rispetto per la vita…
Tale conclusione sull’alimentazione vale anche per la cura medica: anche qui c’è un’inevitabile dose di violenza, come mostra già il nostro sistema immunitario del tutto simile a un esercito di professionisti senza scrupoli...

Leggi tutto: Quel giusto equilibrio fra il cuore e la mente di Vito Mancuso

Caterina Simosen risponde agli nazianimalisti, parte 1

Caterina Simosen risponde agli nazianimalisti, parte 2


domenica 29 dicembre 2013

Angelus del 29 dicembre 2013 - Testo e video


Piazza San Pietro
29 dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa prima domenica dopo Natale, la Liturgia ci invita a celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazareth. In effetti, ogni presepio ci mostra Gesù insieme con la Madonna e san Giuseppe, nella grotta di Betlemme. Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, ha voluto avere una madre e un padre, come noi.
E oggi il Vangelo ci presenta la santa Famiglia sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23). Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie.
In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento, che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Ma pensiamo anche agli altri “esiliati”: io li chiamerei “esiliati nascosti”, quegli esiliati che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani.
Gesù ha voluto appartenere ad una famiglia che ha sperimentato queste difficoltà, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio...

Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
il prossimo Concistoro e il prossimo Sinodo dei Vescovi affronteranno il tema della famiglia, e la fase preparatoria è già iniziata da tempo. Per questo oggi, festa della Santa Famiglia, desidero affidare a Gesù, Maria e Giuseppe questo lavoro sinodale, pregando per le famiglie di tutto il mondo. Vi invito ad unirvi spiritualmente a me nella preghiera che ora recito:


A tutti voi auguro una bella festa della Santa Famiglia, una bella e buona domenica, e buon pranzo. Arrivederci!

Leggi il testo integrale dell'Angelus

Guarda il video


Padre Dall'Oglio: 29 luglio/29 dicembre... cinque mesi di silenzio


Padre Dall'Oglio
29 luglio/29 dicembre
cinque mesi di silenzio...


Sono passati esattamente 5 mesi dal sequestro del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, il fondatore della comunità monastica di Mar Musa che dopo trent’anni vissuti all’ombra del regime di Damasco ha sposato la causa dei ribelli ricevendone in cambio il foglio di via. 
Disobbedendo alle raccomandazioni vaticane Abuna Paolo, come lo chiamano i suoi, è tornato più volte in Siria dopo l’espulsione del giugno 2012 fino a essere rapito nella città di Raqqa mentre, pare, stava trattando con i famigerati qaedisti dell’Islamic State of Iraq and the Levant (Isis) il rilascio di una troupe di «Orient Tv», l’emittente della dissidenza basata nel Kurdistan iracheno con cui aveva collaborato. 
«Stiamo lavorando a fondo sia sul terreno che a livello diplomatico con partner istituzionali e non», dice l’Unità di Crisi della Farnesina, la centrale operativa che negli ultimi due anni ha riportato a casa 37 ostaggi italiani (restano prigionieri padre Paolo e Giovanni Lo Porto). A un certo punto, dopo mesi di silenzio sul gesuita 59enne, il segretario del Syrian National Front, una delle mille sigle dell’opposizione, aveva denunciato la sua esecuzione, notizia smentita poco dopo grazie a «fonti affidabili» dall’attivista e direttore dell’Arab Reform Initiative Salam Kawakibi. 
In realtà, ripete la famiglia Dall’Oglio, parlare il meno possibile del sequestro è quanto può giovare al suo buon esito soprattutto considerandone le coordinate geografiche. ...


La strage degli innocenti che accompagnò il Natale oggi ha luogo in Siria, accanto alla cella dove sei sequestrato. 
Ma la luce del Natale, anche lì, c’è!



Carissimo Paolo,
sono passati cinque mesi da quando non sappiamo più nulla di te. Cinque mesi sono tanti, anche per gli “standard” dei sequestratori in Siria.
Le voci su di te sono sempre tante, ma molti dicono che per prudenza bisogna trattenersi dallo scriverne. Io invece rivendico il dovere di parlare di te, del tuo libro (bellissimo, illuminante, purtroppo non ho avuto il tempo di dirtelo, mi è arrivato a luglio.) e di un piccolo dettaglio, conosciutissimo ma mai evidenziato (strano): ti ha espulso il regime di Assad e ti ha sequestrato l’esercito qaedista dell’ISIS (noi usiamo questa sigla per indicare l’Esercito dell’Iraq e del Levante). al-Qaida e Assad, come non pensare a chiamarli “la strana coppia”. Non si combattono mai, uno subentra dove l’altro esce, usano gli stessi mezzi, hanno gli stessi nemici. Forse non parlare del tuo pensiero serve a non parlare di questo? I giorni in cui gli iraniani ordinarono ad al Maliki di scarcerare tanti qaedisti siriani accorsi in Iraq nel 2003 e rimandarli in patria ad aiutare il traballante Bashar tu lo ricordi bene, svelando “la procura” che c’era dietro, nelle parole conclusive del tuo libro: “È possibile che chi sogna una Siria luogo della sconfitta definitiva dell’islamismo politico sunnita renda possibile la vittoria del regime di Asad. In fondo sarebbe lui il vendicatore delle umiliazioni irachene e afgane. Proprio perché, privo di quegli scrupoli morali e di quelle pastoie giornalistiche e di opinione che hanno rovinato l’Occidente, sarebbe radicalmente in grado di operare quella soluzione finale tanto inconfessabile quanto auspicata dai suoi indiretti alleati”.
Il piano di sterminio dei sunniti, proprio come avevi previsto, è andato avanti, arrivando alle porte del tuo convento. E’ lì, nel tuo Qalamoun, che la ferocia assadita ha raggiunto nuovi apici omessi, oscurati dal racconto ufficiale, tanto che anche nella zona del tuo monastero sono stati ritrovati corpi sventrati, o carbonizzati. I tuoi confratelli della comunità che hai fondato hanno scritto una stupenda lettera per questo Natale, nella quale si legge: ” Frà Jacques dedica tutto il suo tempo a Qaryatayn per accogliere le famiglie dei rifugiati che son venuti al monastero di Mar Elian (un altro monastero della Comunità, ndr) cercando aiuto e protezione. Il numero dei rifugiati che sono arrivati al monastero dalla città stessa di Qaryatayn nei mesi scorsi supera i cinquemila, con una maggioranza musulmana (donne, bambini ma anche anziani/e adulti/e). Dormivano come gli Scout, dappertutto, in chiesa, nelle sale e perfino sui tetti con il freddo. Ringraziamo il Signore che la loro fuga è stata in primavera e non in inverno.”
Poi l’inverno è arrivato, gelido. Ma i siriani non hanno mollato, e S.E. Bashar al Assad ha capito che per resistere non gli restava che ricorrere alla scelta più semplice, naturale: lo sterminio...




PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA di Papa Francesco

Piazza San Pietro
29 dicembre 2013
dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,
il prossimo Sinodo dei Vescovi affronterà il tema della famiglia, e la fase preparatoria è già iniziata da tempo. 
Per questo oggi, festa della Santa Famiglia, desidero affidare a Gesù, Maria e Giuseppe questo lavoro sinodale, pregando per le famiglie di tutto il mondo. 

Vi invito ad unirvi spiritualmente a me nella preghiera che ora recito:

PREGHIERA ALLA SANTA FAMIGLIA

Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica. 
Amen.


Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della domenica - Santa Famiglia Anno A

Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica


Santa Famiglia Anno A
29 dicembre 2013



Matteo 2,13-15.19-23


A Natale abbiamo contemplato nel vangelo secondo Luca la nascita di Gesù a Betlemme, mentre la madre Maria e il padre secondo la Legge, Giuseppe, erano in viaggio a causa del censimento voluto dall’imperatore romano (cf. Lc 2,1-14). Oggi, prima domenica dopo Natale, la chiesa ci fa contemplare nel vangelo secondo Matteo la famiglia di Gesù, il suo essere nato in una genealogia di ebrei discendenti dal re e messia David (cf. Mt 1,1-17). Ognuno di noi nasce da una madre, è accolto da qualcuno, da una famiglia che lo nutre e lo fa crescere, e in questo modo viene al mondo. È stato così anche per Gesù.
Ma questa famiglia che storia aveva? Era una famiglia il cui padre era un artigiano, una famiglia povera ma non misera, ma alla nascita di quel figlio ecco emergere un grave pericolo per lui. Un decreto di Erode prescriveva l’uccisione dei bambini maschi, perché secondo i magi tra di loro era nato il Messia di Israele (cf. Mt 2,2.16-18).
Giuseppe allora fu avvertito in sogno da un angelo: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto”, e, sempre nel suo silenzio, subito obbedì e si ritirò in quella terra straniera. Furono anni di esilio, di stranierità, vissuti in mezzo a un popolo dalla lingua e dalla cultura diversa, dove questa famiglia conobbe lo statuto dell’emigrante: solitudine, diffidenza, difficoltà a vivere… Ma ecco, finito il pericolo per Gesù a causa della morte di Erode, di nuovo l’angelo disse a Giuseppe in sogno: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. E Giuseppe, sempre con prontezza, nel silenzio realizza la parola del Signore. 
Si tratta dunque di una vicenda umanissima che rese la famiglia di Gesù perseguitata, migrante, straniera, ma nello stesso tempo comprendiamo come questa quotidiana e semplice vicenda fosse anche un adempimento della promessa di Dio e fosse un ricapitolare una storia che era stata quella di Abramo, di Israele e dei suoi figli, del popolo entrato in alleanza con il Dio vivente. Infatti Abramo era sceso in Egitto e dall’Egitto era risalito, Giacobbe e i suoi figli vi erano discesi in cerca di cibo e poi ne erano risaliti come popolo.
È il cammino della discesa e dell’esodo-salita, quello che Gesù compie con Maria e Giuseppe, sicché anche lui potrà considerarsi salvato, come il credente ebreo proclama la notte di Pasqua: “In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se proprio lui in quella notte fosse uscito dall’Egitto”. Ma possiamo anche scorgere un parallelo tra la storia di Gesù e quella di Mosè, anche lui minacciato di morte dal faraone (cf. Es 2,15), anche lui in fuga in terra straniera, anche lui tornato dall’esilio, su ordine del Signore, per adempiere la sua missione verso il popolo (cf. Es 4,19-20).
Storia quotidiana, ma agli occhi di chi ha fede anche storia di salvezza. Storia di una famiglia simile a tante storie delle nostre famiglie: condizioni di vita difficili, allevare e far crescere un figlio in condizioni precarie, mutare casa e luogo in cui vivere, e certamente le fatiche del vivere insieme di una coppia e di un figlio… 

Leggi tutto: Santa Famiglia


sabato 28 dicembre 2013

"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 5/2013-2014 (A) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica
di Santino Coppolino



Vangelo: Mt 2,13-15.19-23




Israele non è più la terra promessa "dove scorre latte e miele"(Es 33,3), la bramosia e la sete di potere degli uomini l'hanno trasformata in una terra di schiavitù e di morte. Il re Erode, che non ha avuto scrupolo alcuno a eliminare una decina di suoi familiari, tra i quali 3 figli, per paura di perdere il trono, vuole uccidere il bambino Gesù perché sa che è giunto il Messia, l'erede. Erode è un re illegittimo perché non è Ebreo, messo sul trono dai romani,  e risponde con violenza e ferocia alla notizia della nascita del re dei Giudei; e come il Faraone tentò di uccidere Mosè, così Erode tenterà di assassinare Gesù, che l'evangelista Matteo presenta come il nuovo Mosè. E come Mosè fu in cammino nel deserto per quaranta anni fino al raggiungimento della terra promessa, Gesù attraversa tutta la sua esistenza in un continuo esodo che lo condurrà a Gerusalemme per dare, col dono totale di se stesso, testimonianza all'amore del Padre fin sulla cima del Golgota.
Vivrà la sua vita fino ai trent'anni non in Giudea, nella città Santa, a Gerusalemme,  "la città del grande Re"(Sal 48,3), ma nella disprezzata Galilea, regione di confine dove si rischia la contaminazione religiosa con i popoli pagani confinanti, e a Nazareth, città malfamata, dove hanno avuto origine gran parte delle rivolte armate contro l'occupante romano. "Perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: <Sarà chiamato Nazoreo>". L'evangelista scrive << Nazoreo >> e non << Nazareno>>, perché in questo termine vuole racchiudere ben tre significati:
 1) Netzer - che significa germoglio e richiama la profezia di Isaia 11,1 : 
    "Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse". 
2) Nazir - che significa consacrato. 
3) Nazareno - dal nome della città.



Dove sono finiti i cattolici italiani? di Giuseppe Savagnone


Dove sono finiti i cattolici italiani? 
di 
Giuseppe Savagnone 


Devo dirlo, anche se so che ci sarà chi non è d’accordo con me. Anzi, spero di essere subissato di documentate proteste e di smentite che, prove alla mano, smentiscano la mia affermazione: mi sembra che i cattolici, in questo delicatissimo momento storico del nostro Paese, siano spariti dalla scena pubblica.
Non parlo dei tanti laici e laiche, religiosi e religiose, preti, che lavorano nell’ombra, con estremo spirito di sacrificio, al servizio dei più poveri e degli emarginati. Non parlo neppure di quei vescovi che – anche se meno numerosi, in percentuale – sanno trovare stili nuovi di pastoralità, senza la pretesa di cancellare la tradizione, ma consapevoli che essa deve incessantemente ripensare il passato alla luce del presente e nell’apertura al futuro. O forse parlo anche di loro, nella misura in cui il loro generoso impegno umano ed ecclesiale non riesce – o non prova neppure – a sfociare nella sfera politica. Sicuramente parlo di tanti cattolici che, più o meno praticanti, più o meno fedeli alla morale proposta dalla Chiesa, si definiscono però credenti e che sono, al contempo, cittadini. Perché è la loro voce che, estremamente fievole e in larga misura strumentalizzata negli anni d’oro della Seconda Repubblica, sembra del tutto svanita nel tempo della sua agonia.
E sì che di questa voce ci sarebbe un estremo bisogno, in un momento che vede il discredito delle forze politiche sia di destra che di sinistra - anche per il disastroso bilancio della stagione che le ha viste protagoniste - e l’emergere di alternative ancora peggiori che a gran voce pretendono di essere le sole plausibili. Perché un’alternativa vera non può certo venire da un chiassoso quanto velleitario populismo. Ma neppure si può continuare a puntare su una classe politica squalificata sul piano etico, prima ancora che gestionale, e che comunque anche su quest’ultimo ha mostrato la sua inefficienza nel passato e continua a manifestala nel presente...

Leggi tutto: Dove sono finiti i cattolici italiani? di Giuseppe Savagnone 


NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA HOREB n. 66 - 3/2013


NELLA SOBRIETÀ IL FUTURO DELLA TERRA

HOREB n. 66 - 3/2013 


TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI

I tifoni sempre più violenti che si ripetono in modo più frequente in varie parti di questo nostro mondo, provocando morte e distruzione di intere città ci lasciano sbigottiti e ci fanno dire che il clima è impazzito. 
Sì il clima è impazzito, ma la responsabilità di questo stravolgimento è legata al delirio dell’uomo che, dimenticando la sua vocazione di essere custode del creato, pensa di esserne il padrone e, coltivando un atteggiamento feroce nei riguardi del pianeta terra, provoca, con le proprie scelte consumistiche, 
inquinamento, desertificazione e morte. 
Scienziati accreditati ci ricordano che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è al limite di guardia. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno a causa della deforestazione e dei combustibili fossili: petrolio, carbone e metano. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste. 
L’inquinamento dell’acqua, dell’aria, della terra, quindi, è la conseguenza di un rapporto scorretto tra l’uomo e l’ambiente, un rapporto innaturale tra natura ed esistenza, un rapporto violento tra creature volute e pensate da Dio per vivere in pace. La natura è oggi, in più maniere, violentata. Il fenomeno è preoccupante per la sua ampiezza a scala mondiale, per la vastità a vari livelli, e perché è avanzante con l’avanzare della logica del profitto. 
L’uomo di oggi, allora, consapevole di questo dato di fatto, è chiamato a svegliarsi dal torpore, e, rinunciando a un tenore di vita che si è dimostrato essere incompatibile con le leggi dell’equilibrio uomo-natura, è invitato a scegliere uno stile di vita sobrio. Questa presa di coscienza non è più rimandabile né da delegare ad altri, ma si impone come atto di responsabilità per rendere vivibile il nostro pianeta e per avviare, sul piano strutturale, la costruzione di un sistema che crei le condizioni per una piena umanizzazione di tutte le relazioni. 
È questo l’orizzonte che anima la nostra riflessione. 

Leggi tutto:
- Editoriale (PDF)
- Sommario (PDF)


E' possibile richiedere copie-saggio gratuite:
CONVENTO DEL CARMINE
98051 BARCELLONA P.G. (ME)


venerdì 27 dicembre 2013

Vergogna e orrore...

Miracolo natalizio. Ciò che non è stato possibile per mesi, è diventato possibile nel giro di ventiquattr’ore. Tutte le persone trattenute nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, salvo, assurdamente, i diciassette sopravvissuti al naufragio di ottobre, sono state trasferite in altri centri sulla terra ferma.
Non erano bastate le foto dei materassi gettati per terra, i resoconti giornalistici di povera gente, inclusi molti sopravvissuti del naufragio di ottobre, ammassata in condizioni disumane. La commozione dei politici nel giorno dei funerali era servita solo per consentire loro un’ennesima passerella sui telegiornali. Poi l’attenzione dei politici e dei responsabili si è spostata altrove.
Forse non sarebbe bastato neppure il video delle docce antiscabbia a chiudere una struttura che dovrebbe funzionare solo come tappa di transito veloce. ...
Perché l’indignazione, questa volta, avesse un seguito pratico per i profughi c’è voluto il gesto di un politico che ha preso sul serio il proprio mandato, che non ha sofferto di amnesia, soprattutto che non si è limitato a una visita rituale di solidarietà, e neppure a denunciare, ma è andato a condividere l’intollerabile. Onore quindi a Khalid Chaouki, “nuovo cittadino” che ha preso sul serio la responsabilità di difendere le condizioni di civiltà che il nostro paese dovrebbe garantire a tutti...
Leggi tutto: I diritti ignorati dei migranti di Chiara Saraceno

La scelta del deputato Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani del Pd, che si autoreclude nel Centro di accoglienza di Lampedusa con i 219 migranti lì trattenuti in violazione della legge e in condizioni disumane, è un gesto inedito di condivisione. Un gesto davvero onorevole perché nobilita la funzione del parlamentare, chiamato a farsi prossimo di una sofferenza che ha generato scalpore ma che finora non ha rotto il muro d’indifferenza delle istituzioni.
Chaouki è un giovane cittadino italiano nato in Marocco di fede musulmana, da tempo impegnato nel dialogo contro ogni forma di integralismo. Non stupisce che incontrando i superstiti del naufragio del 3 ottobre scorso ancora detenuti a Lampedusa, e gli altri migranti in sciopero della fame contro il trattamento umiliante che loro stessi hanno filmato, sia scattato in lui un impulso d’immedesimazione. Non lo aveva programmato, aveva in tasca il biglietto aereo di ritorno a Roma. Proverà cosa vuol dire dormire al freddo e nella sporcizia di quella struttura diroccata che in troppi visitano per poi voltarle le spalle.
Il suo esempio testimonia quant’è importante che sia approdata in Parlamento l’esperienza di vita dei nuovi italiani, ormai una percentuale significativa della nostra popolazione. Ma sarebbe miope relegare la sistematica violazione dei diritti umani dei migranti a questione marginale, riguardante solo una sia pur cospicua minoranza. La negligenza delle strutture amministrative coordinate dal ministero degli Interni nel tutelare profughi e richiedenti asilo, così come la prolungata reclusione nei Centri di Identificazione e Espulsione di cittadini stranieri privi di documenti in regola, configura un degrado di civiltà cui sarebbe pericoloso assuefarsi. Deturpa la natura democratica dello Stato e quindi incrina i pilastri della nostra convivenza civile...

Cinque euro le somale, dieci le eritree, tredici le nigeriane. Il tariffario della prostituzione gira di bocca in bocca al centro richiedenti asilo, al bar, in mensa, negli uffici. Insieme alla “classifica” delle ragazze, giovani, giovanissime, molte anche minorenni.
«Lo sanno tutti, compresi i mediatori culturali e la direzione, si girano dall’altra parte e fanno finta di non vedere. Qui dentro c’è un giro di prostituzione spaventoso e gli operatori del Cara sono i primi a “beneficiarne” in tutti i sensi. Dentro e fuori, perché oltre che nelle stanze del villaggio, poi molte ragazze le vediamo ferme in attesa di clienti in strada, sulla Catania-Gela, a poche centinaia di metri dal centro. È davvero una vergogna che queste ragazze vengano sfruttate, umiliate per pochi spicciolie nessuno faccia niente».
Chi parla è uno degli operatori della Comunità di Sant’Egidio che al Cara di Mineo (4000 ospiti gestiti dal Consorzio calatino Terre di Accoglienza) lavora ormai da tempo, che con quelle ragazze (anche loro come tutti gli altri costrette a rimanere al centro per mesi e mesi in attesa dell’esito dell’istruttoria sulla richiesta di asilo) cerca di costruire un percorso di integrazione...

Non c’è l’inferno qui dentro. «Il nostro problema è uno solo. È la libertà. Abbiamo scritto la lettera a papa Francesco, che è il santo della povera gente, dei disgraziati come noi, per ringraziarlo e per chiedergli di venirci a vedere». Chiedono «un’opportunità», aggiunge il direttore del Centro per la cooperativa Auxilium (che la gestisce), Vincenzo Lutrelli. Una decina di loro quattro giorni fa si era cucito la bocca e aveva portato fuori i materassi per restare all’aperto. Poi, «in segno di rispetto del Natale», hanno sospeso la protesta. Ieri sera sono usciti nuovamente, in un cortile interno illuminato da poche luci e chiuso da sbarre alte. Siamo dentro con loro, «non abbiamo fatto e non faremo nulla di sbagliato, protestiamo con civiltà», giurano. Nel freddo. Sotto la pioggia...
L’Italia li ha aiutati, ha aperto loro le porte «e noi vi ringraziamo. Ma non abbiamo più dignità...

Vedi anche il nostro precedente post:


Omelia di P. Aurelio Antista (video)


Natale del Signore 
25/12/2013


Omelia di P. Aurelio Antista 
Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto



"Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio" così abbiamo ripetuto più volte nel canto del Salmo responsoriale. Questa salvezza di Dio che abbiamo veduto e contemplato è la realizzazione di quell'annuncio che nella Messa di mezzanotte ci è stato rivolto: «ecco - l’angelo del Signore disse ai pastori - vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»
La salvezza che siamo invitati a contemplare è questo bambino, è questo salvatore che si fa bambino, Dio si fa umano, Dio ci visita coinvolgendosi nella nostra storia, nella nostra esperienza umana, si fa uno di noi, compagno del nostro viaggio, si fa figlio dell'uomo, Lui Figlio di Dio, si fa fratello di ciascuno. Il paradosso della fede cristiana è proprio qui che Colui che è il Salvatore si presenti a noi nelle vesti e nelle sembianze di un bambino piccolo, fragile, debole, bisognoso di accoglienza, bisognoso di cure come ogni bambino che nasce a questo mondo...

GUARDA IL VIDEO


Omelia di P. Alberto Neglia (video)



Natale del Signore - 2013
Messa della notte


Omelia di P. Alberto Neglia 
Fraternità Carmelitana di Pozzo di Pozzo di Gotto



La liturgia di questa notte è un invito alla gioia, alla letizia perché c'è una grande luce... 
Questa luce, ci dice il profeta Isaia, si manifesta attraverso un bambino "un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio" ... Noi a volte immaginiamo che la luce, la gloria, la bellezza, il cambiamento del mondo debba avvenire attraverso fatti straordinari e prodigiosi, invece il profeta Isaia ci dice che questa provvidenza di Dio, questa luce di Dio si manifesta attraverso i fatti semplici di ogni giorno attraverso la debolezza e la fragilità di un bambino...

GUARDA IL VIDEO


giovedì 26 dicembre 2013

Angelus del 26 dicembre 2013 - Testo e video


Piazza San Pietro
26 dicembre 2013

Cari fratelli e sorelle buongiorno.

Voi non avete paura della pioggia, siete bravi!

La liturgia prolunga la Solennità del Natale per otto giorni: un tempo di gioia per tutto il popolo di Dio! E in questo secondo giorno dell’ottava, nella gioia del Natale si inserisce la festa di santo Stefano, il primo martire della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli ce lo presenta come «uomo pieno di fede e di Spirito Santo» (6,5), scelto con altri sei per il servizio delle vedove e dei poveri nella prima comunità di Gerusalemme. E ci racconta il suo martirio: quando, dopo un discorso di fuoco che suscitò l’ira dei membri del Sinedrio, fu trascinato fuori dalle mura della città e lapidato. Stefano morì come Gesù, chiedendo il perdono per i suoi uccisori (7,55-60).
Nel clima gioioso del Natale, questa commemorazione potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale infatti è la festa della vita e ci infonde sentimenti di serenità e di pace; perché turbarne l’incanto col ricordo di una violenza così atroce? In realtà, nell’ottica della fede, la festa di santo Stefano è in piena sintonia col significato profondo del Natale. Nel martirio, infatti, la violenza è vinta dall’amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro “nascita al cielo”. Celebriamo dunque oggi il “natale” di Stefano, che in profondità scaturisce dal Natale di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita nuova!
...

Buone feste natalizie e buon pranzo! Arrivederci!

Leggi il testo integrale dell'Angelus


Guarda il video


"Tutti fratelli? anche gli extra comunitari? e i nemici?" Relazione di mons. Francesco Montenegro - 21 Novembre 2013 Cefalù (video)


"Tutti fratelli? anche gli extra comunitari? e i nemici?"
21 Novembre 2013 Cefalù
Relazione di mons. Francesco Montenegro
Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni della CEI e Presidente della Fondazione Migrantes



Convegno "Il futuro nelle nostre mani? Aprirsi alla speranza della famiglia umana" dal 21 al 24-nov-2013 a Cefalù, organizzato dalle comunità missionarie del Vangelo in collaborazione della PRO CIVITATE CHRISTIANA di ASSISI






Guarda il video


mercoledì 25 dicembre 2013

Gli auguri di Mons. Francesco Montenegro per un Natale di speranza e tenerezza



Gli auguri di Mons. Francesco Montenegro
arcivescovo di Agrigento



Buon Natale! ...

Natale è Gesù che entra nella vita degli uomini, è Gesù che viene a portarci speranza, anzi Lui è la speranza, allora augurarci buon Natale è dirci "c'è Gesù con noi" ... a regalare speranza a tutti, a dirci di non arrenderci, di non dire mai basta.
E poi Gesù è anche tenerezza, e proprio perché siamo provati dalla vita, sentiamo questa carezza che il Bambino viene a farci... 
Questo Dio che si fa Bambino ci "smonta" proprio per poterci dare la Sua tenerezza e farci sentire capaci di amore da ricevere e di amore da dare...

Guarda il video


MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL SANTO PADRE FRANCESCO - NATALE 2013


MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO

NATALE 2013


«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buongiorno e buon Natale!

Faccio mio il canto degli angeli, che apparvero ai pastori di Betlemme nella notte in cui nacque Gesù. Un canto che unisce cielo e terra, rivolgendo al cielo la lode e la gloria, e alla terra degli uomini l’augurio di pace.

Invito tutti ad unirsi a questo canto: questo canto è per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere.

Gloria a Dio!

A questo prima di tutto ci chiama il Natale: a dare gloria a Dio, perché è buono, è fedele, è misericordioso. In questo giorno auguro a tutti di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo.

E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli.

Pace agli uomini.

La vera pace – noi lo sappiamo – non è un equilibrio tra forze contrarie. Non è una bella “facciata”, dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni, ma, la pace è artigianale, che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo.

Guardando il Bambino nel presepe, bambino di pace, pensiamo ai bambini che sono le vittime più fragili delle guerre, ma pensiamo anche agli anziani, alle donne maltrattate, ai malati… Le guerre spezzano e feriscono tante vite!

Troppe ne ha spezzate negli ultimi tempi il conflitto in Siria, fomentando odio e vendetta. Continuiamo a pregare il Signore perché risparmi all’amato popolo siriano nuove sofferenze e le parti in conflitto mettano fine ad ogni violenza e garantiscano l’accesso agli aiuti umanitari. Abbiamo visto quanto è potente la preghiera! E sono contento che oggi si uniscano a questa nostra implorazione per la pace in Siria anche credenti di diverse confessioni religiose. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera! Il coraggio di dire: Signore, dona la tua pace alla Siria e al mondo intero. E invito anche i non credenti a desiderare la pace, con il loro desiderio, quel desiderio che allarga il cuore: tutti uniti, o con la preghiera o con il desiderio. Ma tutti, per la pace.

Dona pace, bambino, alla Repubblica Centroafricana, spesso dimenticata dagli uomini. Ma tu, Signore, non dimentichi nessuno! E vuoi portare pace anche in quella terra, dilaniata da una spirale di violenza e di miseria, dove tante persone sono senza casa, acqua e cibo, senza il minimo per vivere. Favorisci la concordia nel Sud-Sudan, dove le tensioni attuali hanno già provocato troppe vittime e minacciano la pacifica convivenza di quel giovane Stato.

Tu, Principe della pace, converti ovunque il cuore dei violenti perché depongano le armi e si intraprenda la via del dialogo. Guarda alla Nigeria, lacerata da continui attacchi che non risparmiano gli innocenti e gli indifesi. Benedici la Terra che hai scelto per venire nel mondo e fa’ giungere a felice esito i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi. Sana le piaghe dell’amato Iraq, colpito ancora da frequenti attentati.

Tu, Signore della vita, proteggi quanti sono perseguitati a causa del tuo nome. Dona speranza e conforto ai profughi e ai rifugiati, specialmente nel Corno d’Africa e nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Fa’ che i migranti in cerca di una vita dignitosa trovino accoglienza e aiuto. Tragedie come quelle a cui abbiamo assistito quest’anno, con i numerosi morti a Lampedusa, non accadano mai più!

O Bambino di Betlemme, tocca il cuore di quanti sono coinvolti nella tratta di esseri umani, affinché si rendano conto della gravità di tale delitto contro l’umanità. Volgi il tuo sguardo ai tanti bambini che vengono rapiti, feriti e uccisi nei conflitti armati, e a quanti vengono trasformati in soldati, derubati della loro infanzia.

Signore del cielo e della terra, guarda a questo nostro pianeta, che spesso la cupidigia e l’avidità degli uomini sfrutta in modo indiscriminato. Assisti e proteggi quanti sono vittime di calamità naturali, soprattutto il caro popolo filippino, gravemente colpito dal recente tifone.

Cari fratelli e sorelle, in questo mondo, in questa umanità oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell’amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio.

Augurio Natalizio dopo il Messaggio Urbi et Orbi

A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio: buon Natale!

In questo giorno illuminato dalla speranza evangelica che proviene dall’umile grotta di Betlemme, invoco il dono natalizio della gioia e della pace per tutti: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie, per i poveri e gli emarginati. Gesù, nato per noi, conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi. Buon Natale a tutti!

Guarda il video