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venerdì 19 ottobre 2012

Gherardo Colombo dialoga sul tema delle regole

Cosa vuoi fare da grande? Il magistrato! Perché? Per combattere la mafia, la corruzione, l’evasione. Sei sicuro sia la strada giusta? Certo. Cosa altrimenti?
Non sembra essere della stessa opinione Gherardo Colombo dopo trentatré anni in magistratura. Giudice, poi pubblico ministero ed ancora giudice. S’è dimesso perché indagine dopo indagine, processo dopo processo, sentenza dopo sentenza, s’è convinto che gli sarebbe stato impossibile contribuire a rendere l’amministrazione della giustizia meno peggio di quel che è. Sue parole: “accertare i reati non basta”. Non è proprio una resa ma da tempo preferisce concentrarsi su ciò che ha da sempre fatto nel “tempo libero”: narrare, incontrare, scambiare, formare, forgiare, credere nei giovani. Et voilà. Un giudice vagabondo tra scuole, università, parrocchie, circoli ed in qualunque altro posto lo invitino a dialogare sul tema delle regole. Ha avuto una media di 400 incontri all’anno che, per fortuna, è calata da quando è diventato consigliere RAI.
Basta prenotarsi e lui viene “subito”. Tempo due anni. Ma il suo team dispone di ottimi formatori che sono in grado di sostituirlo al meglio.
Secondo Colombo la giustizia non può funzionare se i cittadini (badate bene non i politici o, meglio, non solo) non comprendono il perché delle regole. Se non lo comprendono tendono ad eluderle, quando le vedono faticose, ed a violarle, quando non rispondono alla loro volontà. Perché la giustizia funzioni è necessario che cambi questo rapporto. Dal basso.

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