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giovedì 24 novembre 2011

"La via ebraica alla terra buona", recensione di Enzo Bianchi a "Parola e terra" di Carmine Di Sante

Un "pensare etico" contro il caos

Se si avessero dei dubbi sul fatto che il Vaticano II abbia significato per la chiesa cattolica una svolta nel millenario cammino di comprensione sempre più approfondita del Vangelo e di costante conversione all'unico Signore della chiesa e della storia, basterebbe analizzare la portata di un documento come la Nostra aetate sul dialogo con le altre religioni e in particolare il capitolo 4 dedicato ai rapporti con l’ebraismo. Nell'introduzione al suo recente Parola e terra, Carmine Di Sante la descrive come svolta «storica, teologica, teoretica ed epocale». Dall'interruzione dell’«insegnamento del disprezzo», alla nuova comprensione del rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, dalla valorizzazione della diversità all'assunzione della responsabilità come cura per l’altro cui è chiamato ogni essere umano, lo sforzo «per una teologia dell’ebraismo» (come recita il sottotitolo) offre spunti di rara fecondità.
L’autore - specializzato in scienze liturgiche, laureato in psicologia e per oltre vent’anni teologo impegnato in prima fila nel dialogo ebraico-cristiano - conduce il lettore dapprima attraverso la visione del mondo nell’ottica dell’Antico Testamento e della migliore tradizione rabbinica, per poi addentrarsi in una rilettura delle principali festività ebraiche e della loro valenza pedagogica di passaggio dalla comprensione «naturale» a quella «storica» delle vicende umane. Ne risulta una dialettica inesauribile tra la rivelazione biblica - la Parola - e le sue implicazioni etiche nella vita quotidiana e nell’interpretazione della realtà - la terra...

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